Ore 21.00, Paletti sul palco alle prese con un Alcatraz pieno a metà. Un paio di pezzi, la promessa che “Francesco (Motta ndr) spaccherà tutto… siete dei privilegiati!” e sulle note di Nonostante Tutto cerca di gasare il pubblico con un “facciamo casino!!!” urlato fuori dal microfono. Annuncia l’ultimo pezzo e ci lascia con un dilemma esistenziale: “A cosa serve l’amore?”.

Passa mezz’ora e dalla porta continua a scivolare dentro gente. La sala inizia a scaldarsi e tra un “dai cazzo Francè!!” e l’altro si spengono le luci. L’atmosfera si fa seria. Arriva la band, 3 minuti di intro strumentale e Francesco Motta entra in scena, accolto come un cristo, tra birre levate al cielo e storie instagram. Saltando da una parte all’altra del palco agita le braccia ed urla che questa serata è un pò come essere felici, di cui suona una versione lunga quasi 10 minuti. “Grazie di essere venuti stasera. Mi siete mancati tantissimo.” Il tempo di imbracciare la chitarra ed inizia La fine dei vent’anni.

Le canzoni chitarra e voce esistono ancora. E funzionano. Il pubblico canta e si emoziona. Al terzo pezzo gli sale la gratitudine ed introduce la band con “voglio presentarvi la mia famiglia”. Continua con Quello che siamo diventati che dedica a Carolina Crescentini, sottolineando che “… raga, alla fine ci è venuta via con me!”. Arriva Vivere o Morire, poi La Prima Volta (e gli scappa un sorriso), Chissà dove sarai, Per amore e basta. Poi ci confessa che invecchiare non è male e non ha paura di perdere i capelli, cogliendo l’occasione per farci sapere che ha un tallone rotto ma “Siamo forti, siamo umani… Prima o poi ci passerà” e folla in delirio.

Per ribadire il concetto arriva Del Tempo Che Passa La Felicità. E poi ci pensi un pò trasporta tutti a Cuba, la gente balla, Francesco pure, poi esce di scena. Rientra sulle note di Prenditi Quello Che Vuoi, salta sul chitarrista, abbraccia il batterista e poi alza le braccia urlando verso il pubblico. Arriva Roma Stasera preceduta da un’intro tribale di tamburi e percussioni martellanti, cori, danze e assoli. Sembra un rito pagano in piena Milano. Si spengono le luci, giusto il tempo di urlare “ancora ancora” che Francesco è già lì, pronto a farsi adorare. Ci dedica Se Continuiamo a Correre e poi parte Abbiamo Vinto Un’Altra Guerra.

Apre la parentesi LGBT e dedica Sei Bella Davvero “a tutte le donne transgender che ho incontrato nella mia vita”. L’Alcatraz canta a squarciagola e salta, suda, ride e balla. La Nostra Ultima Canzone chiude un concerto viscerale, imponente, sincero e fottutamente romantico.

Prima di andarsene dedica una chicca a chi lo segue da sempre. Fango dei Criminal Jokers, i compagni di avventure e chilometri in furgone che appartengono ad un Motta di una vita precedente e che ora si ritrova a fare i conti con la consapevolezza di aver smesso di lottare ed aver risolto i conflitti con se stesso e con il mondo. “va be questa è davvero l’ultima” e si lascia andare ad una Mi Parli di Te fatta con la chitarra, la voce, la luce bianca fissa su Francesco e gli applausi di chi si sta commuovendo nel buio.

Una cosa è chiara, Francesco ama mettersi a nudo attraverso le canzoni, dribblando clichè e luoghi comuni sull’amore (tanto cari ai suoi colleghi che dominano le classifiche). Il suo obiettivo è uno: parlare di quello che ha dentro, farlo vedere a tutti, perchè è lì sotto la corteccia che si nascondono le emozioni, che ci assomigliamo e ci vogliamo bene. Quindi a cosa serve l’amore? Secondo Francesco serve a stare bene e stare male, a perdersi e trovarsi, ma soprattutto a scrivere belle canzoni.

 

Cover – ph. courtesy @ Trident Music