Viaggio cosmico nella scatola magica di uno dei più affermati festival di musica contemporanea di matrice elettronica.

Club to Club offre spazi di contaminazione e riflessione culturale sulla e con la musica, passando da interviste e workshop fino alle performance di grandi big della scena mondiale radunati come splendide fuoriserie per il giro veloce sul circuito straordinario del Lingotto. 40 ore di nuovi suoni, un eccezionale percorso in location prestigiose e uniche dal grand opening alla Reggia di Venaria, fino al  melting pot culturale  di San Salvario, cuore pulsante della creatività torinese e atto finale del festival.

Notte magica quella di sabato 5 novembre, incorniciata da una sottile pioggia, che impasta e smorza le luci, gli sguardi e i volti della gente numerosa che si accalca ai cancelli, vera forza motrice del festival.

Entriamo presto verso le 20.15 carichi di emozione dopo la rigida accoglienza della security all’ingresso, il clima all’interno è rilassato anche se si avverte il brulicante fermento per una scaletta impressionante.

Il main stage è da lasciare senza fiato sembra una creazione di George Lucas, permette una capienza record con sensazione di grande comfort acustico e ambientale.

Al rap del blasonato Ghali preferiamo il caldo abbraccio in sala Gialla di Jolly Mare che shakera il dance floor con selezione di italodisco, balearic e funk e mette tutti a proprio agio, “Non è mai semplice rompere il ghiaccio!” mi confessa in seguito.

Seguono i Junior boys con una vibra live non delle migliori, di chi ha fatto bene i compiti a casa, confermado una maturità stilistica a tratti un po’ freddina che si presta ad un ascolto intenso senza accenti di trasgressione.

La temperatura sale invece con la sensuale performance da vera dominatrice di Lafawndah, amazzone iraniana con passato da banlieue parigina, incanta con possenti trame vocali, anche in lingua araba, intrecciate con un’elettronica scarna ed essenziale con voluti riferimenti etnici: “queste sono le mie radici!”. A portare avanti queste “giuste” vibrazioni, tutte al femminile, il ritorno gradito a C2C di Jessy Lanza e la sua personale filosofia pop sperimentale.

Si diffonde la voce che nella sala principale stia iniziando la performance di Junun: accorriamo incuriositi verso la bizzarra orchestra indiana da “Mille e una notte” impreziosita dal cameo di Jonny Greenwood (Radiohead). Tuttavia i nostri Chakra non vengono più di tanto aperti dalla performance anglo-israelo-indiana che giocando sul misticismo tantrico non riesce a denudare la Salomè dei suoi sette veli…namastè National Geographic.

Impossibile rientrare in Sala Gialla rapidamente off limits per la ingombrante presenza di Daphni (Caribou), che fa il tutto esaurito. Intanto dal main stage arriva come una sirena la suggestione di Dj Shadow che regala uno show mozzafiato!

Un distillato ipertecnologico di 20 anni di samples fighissimi tratti dall’elegante ordito di Endtroducing…(classe1996) fino alle straordinarie visioni attualissime del recente e discusso The Mountain Will Fall. Un live curato nei minimi particolari che celebra la carriera del genietto del trip hop e dello scratch che esibisce in virtuosismi da paura.

Sembra che la lunga notte abbia raggiunto il suo acme quando tutta l’audience viene investita da un possente meteorite al neon che spazza la sala gremita di gente: è Jon Hopkins.

Con grazia assoluta distorce lo spazio-tempo a suo piacimento regalando un’ora di techno-trip lento e ipnotico foderato di profondi bassi distorti e raffinate melodie pirotecniche in un climax infinito e circolare. La risposta è strepitosa e anima un oceano in burrasca di voci, mani, sudore, fattanza e danze tribali. Il mondo esterno sembra disperso e lontano assorbito dal campo gravitazionale di un magnetico buco nero.

L’estasi così sublimata si protrae seguendo le onde ritmiche sino all’alba sotto la guida dell’ecclettico dj set di Motor City Drum Ensemble…ritorniamo in seguito sulla terra portando in tasca un po’ della polvere delle tre stelle simbolo di questo evento straordinario che ha reso grande ancora una volta la città di Torino.

Credits: Ph. Marco Iemmi