Dario Faini, pianista e compositore marchigiano. DARDUST è il suo progetto, il primo in Italia, di musica strumentale capace di unire il mondo pianistico minimalista all’attuale immaginario elettronico di matrice nord europea. Un sound crossover dal mood “pop”, passando per il nuovo minimalismo dei compositori nord europei, il tutto contaminato con incursioni elettroniche ispirate alle suggestioni electroambient.

DARDUST è una missione che attraversa l’asse geografico/musicale Berlino-Reykjavic-Londra e da questi luoghi riparte per la stesura di una trilogia discografica che vedrà ogni capitolo dedicato alle tre città ispiratrici. 7” è il primo capitolo uscito nel 2015, a cui ha fatto seguito recentemente “Birth“.

Con queste premesse abbiamo chiesto a Dario di raccontarci 5 brani fondamentali , 5 brani che hanno contaminato il suo percorso artistico/musicale. Eccoli:

JAMES BLAKE – THE WILHELM SCREAM
L’intimità melodica della sua vocalità e minimalismo percussivo in equilibrio perfetto. Ammetto che le percussioni che arrivano a sorpresa in diversi pitch, colori timbrici e spazialità di riverberi, tra un fraseggio melodico e l’altro, sono state una mia ossessione. Geniale, la parte finale del brano in cui tutto si diluisce e si destruttura senza far perdere all’ascoltatore i riferimenti temporali che continuano in nuove figure. Meraviglioso.

OLAFUR ARNALDS – NEAR LIGHT
L’inverno islandese nel mio immaginario è fatto di scricchiolii di pedale di pianoforte sul parquet, luce soffusa, un quartetto di archi che suona nel “living room”, il silenzio chiuso fuori dalle finestre più forte di mille tuoni e tempeste, insieme a un cielo scuro ingabbiato in spazi giganteschi, e una loop station che a un certo punto inizia a suonare. Esattamente questo. Esattamente “Near light” di Olafur Arnalds. La potenza di questo brano mi ha fatto credere nella forza di un progetto strumentale.

NILS FRAHM – SAYS
Il flow ipnotico minimale di “Says” è un’altra track che ha rivoluzionato gli ascolti. L’arpeggiatore della Juno 60 sul quale inizia a trovare spazio il pianoforte riverberato creando sempre nuovi equilibri e prospettive e il finale in cui i sinth si aprono esplodendo in una supernova di frequenze , rimangono per me un must sia dell’elettronica che della “neoclassica”.
A repeat fino all’infinito.

JON HOPKINS – OPEN EYE SIGNAL
Quasi 8 minuti di flow tra impennate di sinth, drumming, campionamenti e ambienti stupefacenti. Tutto stupisce e niente è scontato. Lavoro maniacale e micro dettagli. La genialità però è proprio nel paradosso. Tutto sembra ossessivamente curato ma allo stesso tempo suona come una meravigliosa improvvisazione.

SIGUR ROS – UNTITLED 3 (SAMSKEYTII)
Quanto è difficile scegliere una track preferita nella discografia dei Sigur Rós. Alla fine ho scelto questa, non solo perché si basa su un singolo arpeggio di piano, apparentemente lineare ma che lineare non è, ma anche perché è il brano che chiude uno dei miei film preferiti “Mysterious skin” il film di Gregg Araki che aveva tral’altro la colonna sonora scritta da Robin Guthrie e Harold Budd e quindi immaginate di cosa parliamo. Un solo arpeggio in un crescendo infinito in 6 minuti e volerne almeno per un’altra ora. Potere dei Sigur Rós.

 


 

Ritroveremo Dario Faini e il suo progetto DARDUST in alcune tappe del suo Birth Tour:

Il 04/09 al SOUNDPROOF FESTIVAL di Benevento

il 24/09 al SOFAR FESTIVAL di Cavriago (Reggio Emilia)

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