E fu sera per un paio di ore. E fu mattino.

Dagli errori si impara o, più spesso, ci s’impalla. Ieri eravamo vestiti male. Stanchi e troppo sobri.
Ore 16.30: merenda scaccia fame.
Ore 17.00: caffè scaccia sonno.
Ore 17.30: cacca scaccia pensieri.
Ore 18.00: outfit giovanile scaccia pioggia.
Ore 18.30: birre scacce in latta.
E si va a caccia.

Il programma è anticipato rispetto a ieri. E’ domenica ma domani, anche se è ferragosto, la gente lavora. A mezzanotte il barakköne chiude.

Entro e vado diretto a sentire i Daughter. Mi bastano due pezzi per schedarli come “Chvrches depressi”. Grazie mille ragazzi. Basto io.

Per le 19 è programmato, in uno stanzone alternativo, Ian William Craig. Questo canadese un mese fa si è preso un 8.2 da Pitchfork. Nella foto sul sito sembra Mozzarella di Io Me & Irene. Incuriosito preferisco ascoltare lui rispetto a FKA Twigs. Sul palco, dietro una struttura con 6 mixer si presenta un bel ragazzo. Pitchfork fa miracoli davvero.
Non saluta nemmeno e inizia a far dei gorgheggi e degli “Smiargli” (dicesi smiarglo: il miagolìo assillante e ossessivo delle gatte in calore che non ti fanno prendere sonno a maggio) seguendo, con la mano sinistra, l’altezza dei toni emessi.
Ogni quindici secondi schiaccia un bottone diverso e, il dolorante sfiato, entra in loop. A metà della prima canzone il tecnico delle luci di fianco a me sta dormendo. L’unica cosa che dà senso alla performance è l’incurante rumore delle bottiglie di Captain Morgan che il barista dietro di noi getta nel bidone dalla distanza, frantumandole, e dando un senso di cinico e pragmatico disinteresse verso l’happening di arte concettuale che stiamo vivendo.

Verso quella che immaginiamo possa assomigliare alla fine della seconda traccia io e altri quaranta indietreggiamo in punta di piedi e chini dietro qualche coraggioso, ci giriamo per scappare via. Guardo l’orologio e non so come mi accorgo di aver perso mezzora ad ascoltare un coglione.

L'onirico service di Ian William Craig

“L’onirico service di Ian William Craig”

Uscito da quel tetro capannone mi ritrovo circondato dai soliti stressanti gruppetti di amiche tutte bionde e occhi azzurri. Finalmente comprendo perché nei paesi nordici non si soffra di cervicale: roteare il collo senza sosta per guardare la figa è un costante esercizio di riscaldamento. Detto questo sì, le nordiche sono certamente bellissime: occhi azzurri, pelle splendida, labbra e gote rosse che spiccano sulla pelle slavata, lunghi capelli biondi. Dentro di me, a differenze delle brune, delle rosse, delle more e delle frisone, scatenano un dissidio. L’Eros s’accende riaprendo vecchi schedari dei primi anni della pubertà: Wendy Windham, la Sellerona, Natasha Stefanenko, Jenny di Forrest Gump, la moglie di Karembeu. Il Tanathos, diffidente e meschino inizia a sussurrarmi nell’ippotalamo ”Sant’Anna di Stazzema…Fosse Ardeatine…Sant’Anna di Stazzema…Andreas Möller…Sant’Anna…”. Non ho mai capito se lo faccia per allertarmi o suggerirmi una patriottica rivalsa.

- “uno degli innumerevoli cioppi di passera nordica” - Fonte: Instagr.am/@clarissahedman

“uno degli innumerevoli cioppi di passera nordica” – Fonte: Instagr.am/@clarissahedman

A rendermi ancora più diffidente nell’approcciarle il fatto che tra loro parlino ad alta voce in suomi..un idioma a metà tra quello di Pingu e quello di Jar Jar Binks. Spero di non dover essere io a ricordarvi che il goffo Gungan battezzato Jar Jar non va considerato come la peggiore spalla comica di sempre quanto invece, come un Lord Sith di altissimo livello, forse reincarnazione di Darth Plagueis, maestro di Darth Sidious( a.k.a. Palpatine) , forse Supremo Lord Snoke, che buccera e condiziona sia Obi Wan sia Anakin. Darth Jar Jar è una realtà ed è molto pericoloso. Bisogna fare attenzione a questi ariani qua.

Sul Main Stage Anderson .Paak, tra un “This Nigga” e un “Fuck That”, sta facendo ballare tanta gente. L’avevano presentato come rapper ma assieme alla band “The Free Nationals” si sta esibendo in uno spettacolo molto funky. (Se fai su e giù con le spalle e avanti indietro col mento è funky. Se in più muovi in circolo il bacino è groovy. Se la musica nera ti è indifferente è grave.)

Tastiere elettroniche, chitarre, bassi, batterie, tutti a creare sequenze ritmiche godibilissime. Ci vorrebbe una giolla. Nessuno fuma. Sono comunque tutti presi bene. Paak coinvolge il pubblico e si lascia andare in un ben poco credibile “It’s my best gig ever”. Ogni tanto a mettere ancor più allegria ci pensano le inquadrature della regia sul tastierista superobeso coi dreadlock. I ciccioni sul palco mettono sempre allegria. I ciccioni mettono sempre allegria. A meno che il ciccione sia tu, ovviamente.

Affamato devolvo 10€ al banchetto di cucina giapponese per sei takoyaki. Delle polpette di polpo in tempura incredibili. La tentazione di ordinarne un bilico è forte ma i rimborsi spese di Beat & Style non includono la cucina etnica (se condividete la nostra battaglia: #piugranaperilgrana).

Agli antipodi da Anderson .Paak, sul secondo palco partono i New Order, che hanno a disposizione mezzora in più di tutti gli altri artisti probabilmente perché la preparazione del palco di Sia sarà più lunga. O boh, chi lo sa, tant’è. L’ora e un quarto prima di Blue Monday l’ho trovata parecchio inutile. Il cantante è un vecchio che, imbarazzato, ondeggia e balla con la mobilità di Panatta. Panatta oggi.

Ha poca voce. Dietro di lui dei visual talmente demodé che un’inquadratura vedeva la camera soffermarsi su una finestra di Netscape con l’homepage di yahoo e poi una con una porta PS2 e una LPT1 (per le ragazze: roba che non si usa più da quando hanno inventato l’USB,…circa quindici anni fa. L’USB è quella che non sapete mai da che parta va infilata e anche se avete il 50-50 non si infila mai al primo tentativo. La parte vuota va in alto. Sì. sempre. Sì, dovrebbero scrivercelo. Ve lo sto dicendo ora, vuoto su, plastica nera giù. Prego).

Dopo Blue Monday e Temptation un paio di cover dei Joy Division (Decades e Love Will Tear Us Apart) ,apprezzatissime dal pubblico, chiudono la faccenda.

“Voi avete mai visto Bernard Sumner e Lino Toffolo assieme?" - Fonte: Flickr/FlowFestival

“Voi avete mai visto Bernard Sumner e Lino Toffolo assieme?” – Fonte: Flickr/FlowFestival

A questo punto ho a disposizione venti minuti di SIA prima che inizi tale Kaytranada, che la redazione di Beat & Style mi ha detto di non perdere. Il piazzale centrale del festival è stipato come mai prima. Inizia SIA e pare che tutti siano lì per quello. Passo i venti minuti in una fiumana che cerca di spostarsi da un lato all’altro dell’area. Riesco a capire che quello di SIA non è un concerto. Uno spettacolo bellissimo. Tutto perfetto. Cortometraggi tra un pezzo e l’altro con Paul Dano e altri attori di livello. Tre ballerine sul palco. Fotografia e effetti luminosi stupendi e, su un piedistallo, immobile, SIA, la figlia di una scopa Meliconi e Sandra Mondaini. Non capisco se  si tratta di un live, un playback o se SIA sia in realtà J.T. Leroy. Gran bello spettacolo ma la musica dal vivo è un’altra cosa.

"Con la sua performance dadaista Sia esorcizza la nostra più grande paura. Il saggio di danza." - Fonte: Flickr/flowfestival

“Con la sua performance dadaista Sia esorcizza la nostra più grande paura: Il saggio di danza.” – Fonte: Flickr/flowfestival

Il tendone dove si esibisce Kaytranada, un dj/produttore haitiano/canadese mulatto/omosessuale, si riempie non appena due tizi bruttissimi, vestiti da roadie di una band goth metal, annunciano in gungan/suomi/pinguese l’ospite e ringraziano il pubblico per il successo dei tre giorni del tendone. Sono avanti e la gente inizia a spingere per farsi avanti. Anche qua nessun odore di psicotropi, nessuno che beve acqua. Il fatto di non essere l’unico sobrio mi rilassa. I bassi spingono incessanti ma a fargli da contraltare tracce ballabili con suoni a volti caraibici, a volte afro, a volte pop e voci. Molti pezzi vengono dall’ultimo album 99,9%, altre sono rielaborazioni di pezzi di black music anni 80 e 90. Ci prendiamo tutti benissimo. Balliamo tutti. Parecchie ragazze spingono per farsi avanti e ballare. Loro ovviamente le facciamo passare.

Noi siamo io e un paio di amici forse norvegesi, forse scozzesi che, con spirito ettoreandennesco facciamo muro ai cagacazzo.

Di ballare senza odiare me stesso e la mia ipocrisia mi capita in tre occasioni:
– Sbronzo in casa;
– Sbronzo ai matrimoni degli amici;
– Lucido davanti a novantesimo minuto dopo una tripletta di un mio centrocampista al fantacalcio.

Sono sobrio, in mezzo a sconosciuti hipster, la schiena mi fa un male del porco ma sto ballando spensierato. Come cazzo mi pare. Non ballo male. O forse sì. Cazzomene. Figo ‘sto kaytranada. E questa da dove spunta?

La Black Tent durante il Set di Kaytranada - Fonte: Flickr/flowfestival

“La Black Tent durante il Set di Kaytranada” – Fonte: Flickr/flowfestival

Una moretta sgomita chiedendo scusa fino a trovare un po’ di spazio davanti a me e ad uno degli scozzesi. Gran bel culetto. Ci dà la schiena ma ogni pezzo gira lo sguardo e sorride. Due volte allo scozzese, una volta a me, due volte allo scozzese, una volta a me. Che bel sorriso… Sento qualcosa di compatto vibrare nei jeans. Controllo le tasche ma no, non è il mio Sony Xperia Z5 Compact che con i suoi 2gb di Ram, la memoria espandibile fino a 200gb e una fotocamera da 20mp in soli 4,2” è il compagno di viaggio ideale per chi come noi ama condividere le proprie merdate sui socialini.

Sony Xperia Z5 Compact, per l’inviato che vuole viaggiare leggero ma non disdegna le sponsorizzazioni.

Anche lo scozzese si accorge della tipa e si rimbocca le maniche. Con la Brexit potrebbe essere una delle sue ultime occasioni per mettere la bandierina senza essere considerato un extracomunitario. Purtroppo per lui io non ho giocato da stopper per venticinque anni per niente. Non ho guardato Cannavaro e Thuram tutte le domeniche per un lustro per niente. La marcatura a uomo la so tenere. La palla la so coprire. Per venti minuti ci diamo spallate in totale rispetto dell’avversario quand’ecco che a giocare sporco ci pensa un esagitato techno-vichingo davanti alla moretta che, con un uno-due micidiale, le rifila una gomitata all’arcata sopraccigliare destra e un pestone alla ballerina sinistra. “AAAAH” urla la moretta a cui si sfila la ballerina. Come un generoso ginecologo di Medici Senza Frontiere prontamente sostengo la vittima cingendole la schiena, controllo non abbia escoriazioni sulla fronte e mentre si reinfila la scarpa le chiedo se sta bene. Mi fa un sorrisone, mi ringrazia e torna a ballare.

Spunta un bernoccolo. Non sulla sua fronte.

Tempo una canzone e girandosi mi chiede se mi va di ballare con lei. Non ho la minima idea di come si balli in coppia questa roba elettronica, la mia voce risponde “Yeah, Sure”. Nella testa Eros sta dicendo: “A gh’è mäl”;  Thanatos: “ti porterei anche in America, ho comperato la macchina apposta”.

Le prendo le mani e mi avvicino. Dagli scozzesi sconfitti si alza un ovazione di stima e fair play molto apprezzata. Balliamo attaccati un quarto d’ora, a volte ondeggiamo attaccati come due cucchiai, a volte avviciniamo la testa e ammicchiamo, ondeggiando le spalle. Ha i capelli a caschetto. Il viso è tondo e grazioso. Ha gli occhi azzurri o forse verdi. Per mia fortuna è piuttosto buio. Da come era vestita e dal bacino stretto sembrava più magra. I fianchi non sono ossuti e la pancia è morbida e resta rilassata al contatto delle mie mani. Avvicina la sua bocca al mio orecchio, vorrà presentarsi, o chiedermi di andarcene in un posto più tranquillo. L’inquilino del piano di sotto si fa barzotto.
“Do you know what time is it?” mi chiede.
Eros mi dice: “Time to lemon hard bombè”; Thanatos: “it’s Boss time!”.
“Oh, it’s early. Just Ten to Midnight.”
“Oh Damn…I’ve to go, last bus is at midnight”.
Faccio in tempo solo a darle un bacio sulla guancia, prima che scappi via.
Kaytranada continua a far ballare e beccare bene tutti. È davvero una mina, quel DJ qua. Mi chiedo cosa ci sto ancora a fare lì in pista, con lo scozzese che sghignazza. La barzottitudine s’è tramutata in Rigor Mortis.

M’incammino verso l’uscita, infilo gli auricolari e mi metto ad ascoltare Dancing In The Dark degli Hot Chip. Da bambino avrò visto, letto o sentito la storia di Cenerentola ottocento volte. Mai nessuno che s’è preoccupato di testimoniare il dolore inguinale del Principe Azzurro, lasciato lì, al ballo, col cazzo duro.

Bravo Kaytranada.
Guarda, lassù c’è ancora un po’ di luce.
Che male le palle.

"Il Flow Festival chiude. Lassù a Nord c'è ancora un po' di luce, e non se ne andrà mai." - Fonte: Flickr/flowfestival