A volte è giusto, per quella faccenda chiamata patto con i lettori, mettere subito le carte in tavola e fare un veloce coming out. In questo caso specifico, il tutto è riassumibile nel fatto che Ondagranda, ovvero il primo lavoro in studio della coppia Dargen D’Amico ed Emiliano Pepe, è fisso in rotazione su qualunque mio dispositivo che emetta musica. E la ragione della dipendenza dalle undici tracce del disco credo stia nel fatto che io riesca a trovare in esse una sorta di normalizzazione alle mie stramberie. Dargen ed Emiliano a partire da “Dormi?” fino a “Ondagranda è il saluto che fa stare bene” ci dicono che sono okay gli sbalzi d’umore, che si rispecchiano nelle curve a gomito che prendono pure le ispirazione stilistiche (la disco, gli anni ’80, la musica leggera italiana, elementi tipici del rap, il pop e molto altro ancora), lo straniamento rispetto alla società, ma anche un’improvvisa e apparentemente immotivata presa bene che fa tabula rasa di tutto e ci fa venire solo voglia di spassarcela un po’. Ecco, sulla scia di questo innamoramento per un album fuori ogni canone, criterio, paletto, ho fatto qualche domanda ai suoi creatori, tra potere ispirante delle alghe, viaggi in Giappone e fine del giornalismo musicale.

Ondagranda: un lavoro lungo 3 anni, da 3 luoghi realmente diversi: era il solo modo per concepirlo, vi ci siete trovati “immischiati” vostro malgrado o è stato proprio pianificato così?
D. Due anni di scambio di idee per capire dove stava l’impugnatura e di pranzetti incantati proposti dalla consorte di Emiliano, poi un anno di lavoro effettivo per la creazione del manufatto.
E. A Milano ci viviamo, a Riccione ci passo le vacanze per una piacevole forzatura dovuta al fatto che mia moglie si trasferisce col lavoro li, e ci sembrava un posto molto confortevole per scrivere un disco. Tokyo la scegliamo ogni volta.

Per Jacopo: In un’intervista quando uscì D’iO avevi detto: “Prendersi sul serio per fare un disco è una cosa da disturbati mentali, quindi cerco sempre una motivazione per fare quello che faccio, che sia oltre”. Stavolta qual è?
Tornare a vivere con curiosità la vita creativa e lo studio di registrazione.

Jacopo ed Emiliano: amici prima che colleghi o l’amicizia è nata facendo musica?
D. L’amicizia è venuta prima, anche se vent’anni fa ci conoscemmo in uno studio di registrazione. Uso il passato remoto, a Emiliano piace molto. Comunque direi l’amicizia prima, prima di tutto in generale come programma di sviluppo degli esseri umani.
E. Siamo molto legati, Jacopo è uno dei miei migliori amici per dirla in breve. La nostra amicizia è scaturita dal fare la musica, ma la musica è finita per rappresentare una minima parte di tutto ciò che ci lega. Ci sono tutte le altre arti e le altre cose della vita.

In che momento delle vostre vite/carriere è arrivato quarto progetto, o meglio l’idea di provarci?
D. Per me in un momento in cui io avevo perso un po’ la curiosità verso la musica da creare. Quindi nel momento giusto, del resto l’ondaGranda sa sempre quando.
E. Il disco è arrivato in un momento per me di forte cambiamento, un passaggio molto importante per Emiliano Pepe e Dargen D’Amico.

La vostra empatia nasce più dall’ironia, dallo humor che avete entrambi o dalla capacità di analisi, di sviscerare in modo anche spietato la società, l’attualità?
D. Credo dal fatto di essere persone molto distanti all’infuori dell’arte, quindi ci affasciniamo a vicenda in quanto esotici.
E. Ironia e capacità di analisi non si escludono, e mi fa piacere tu abbia colto le 2 cose.

Il talento maggiore dell’uno e dell’altro.
D. Emiliano è in grado di appassionare.
E. Jacopo mi chiamò nel suo primo disco “Musica senza musicisti”, mi face ascoltare alcune tracce, tra cui ricordo “Zucchero luminoso”. Li fui illuminato dal talento di Dargen D’Amico: il “ritornello” svelato solo alla fine. Mi sembrò di avere a che fare con un nuovo Ejzenstajn.

Che cosa posso fare per togliermi dalla testa “FotoShop”?
D. Ascoltarla fino alla nausea.
E. Sono contento ti piaccia. “Uagliù stat spaccan”

Jacopo, che momento è questo, per la musica italiana? E per il giornalismo musicale, con cui hai un rapporto diciamo “tribolato”?
D. È sempre un buon momento per la musica italiana, le persone italiane amano la musica italiana. Il giornalismo musicale non c’è in questo momento, ci sono dei post su Instagram.

Che ruolo hanno giocato le alghe nella composizione del disco?
D. Sono sempre molto presenti nelle nostre vite, un punto di contatto saldo tra di noi.
E. Molto importante, insieme ai prodotti Biologici e Biodinamici e all’acqua

Come porterete dal vivo il disco? Ne avete voglia o è un pensiero stressante?
D. No, stressante non direi, la musica dal vivo è parte integrante del gioco degli artisti. Però non abbiamo in programma live, la collaborazione è nata dalla volontà di fare delle canzoni per fare delle canzoni.
E. Non è un pensiero stressante, ma è un pensiero che va elaborato. Fino a quando non ci verrà la voglia e troveremo la giusta maniera di farlo, il disco rimarrà inespresso dal vivo.

Chi amerà questo disco e chi lo odierà?
D. Gli indifferenti sono la maggioranza silenziosa.
E. Odiarlo spero nessuno. Ondagranda è amore.

Le 3 canzoni che avete amato di più nell’ultimo anno e anche i 3 artisti che avete apprezzato maggiormente.
D. Un disco che abbiamo ascoltato molto nei tempi morti durante le registrazioni in studio: Orelha Negra degli Orelha Negra.
E. Per me è davvero difficile rispondere a questa domanda, ma posso sintetizzare i miei gusti riferiti all’ultimo anno parlandoti di 4 artisti invece di 3, e cioè i Beatles.