Per approfondire il tema scottante della legalizzazione della Cannabis, Francesco Bussalai ha viaggiato per gli Stati Uniti, ha incontrato produttori biologici, scienziati, negozianti e malati. Il risultato è Re:legalized, un documentario che fa riflettere sulle conseguenze del proibizionismo.

Chi è Francesco Bussalai?

Sono un regista sardo, cresciuto con Moby Dick e con Emilio Salgari, con lo sbarco sulla luna e con 2001: Odissea nello spazio, con Clint Eastwood e con lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Per 18 anni ho fatto l’economista. Poi, fortunatamente, ho smesso.

Re:legalized: vuoi parlarcene?

Re:legalized è un documentario sulla Marijuana e su tutto quello che ci gira attorno. All’interno di questo viaggio ho provato ad affrontare i diversi aspetti che la riguardano. Sono partito dalla sua storia: le registrazioni segrete di Richard Nixon, nello Studio Ovale della Casa Bianca, ci raccontano di una guerra alla droga che, in realtà, è sempre stata una guerra alle persone. Ed è una guerra che oggi ha 8 milioni di prigionieri nel mondo. Poi c’è l’aspetto scientifico affrontato grazie alla presenza di Gian Luigi Gessa, uno straordinario neuroscienziato di 84 anni che ci spiega il potere di una pianta che molti ancora ritengono senza alcun valore terapeutico (malgrado ci siano evidenze di oltre 5.000 anni fa). E, infine, ci sono le storie di oggi: quella di Forrest, un bambino di 9 anni che usa gli estratti di Cannabis per trattare l’epilessia, le storie di Clark e Morgan, che hanno messo su un’attività in questo settore, e quelle dei negozi autorizzati alla vendita di Cannabis, che cercano di costruire reti per includere i piccoli produttori ed evitare che un giorno arrivi la Philip Morris e si prenda tutto. Re:legalized è un film di viaggio, il cui ritmo è scandito dalle grafiche di Jeremy Stewart (stillandmoving.tv) e dalla colonna sonora pulsante della dub dei Deleted Soul (Elastica Records). Il tutto è messo insieme dall’invisibile magia creata dal montaggio di Luca Mandrile.

Perché hai deciso di trattare questo argomento?

Le prime tracce della Cannabis risalgono a 38 milioni di anni fa. Fino al 1941 i suoi estratti erano inseriti nella farmacopea degli Stati Uniti e fino al 1947 in quella italiana. Il proibizionismo, negli USA, inizia negli anni ‘30 del secolo scorso, e oggi molte realtà lo stanno superando. La pianta più utile e più proibita al mondo è stata rilegalizzata. Nell’ottobre del 2015 sono stato per la prima volta negli Stati Uniti (Oregon e California), e mi sono reso conto che da un punto di vista sociale, sanitario ed economico questa è sicuramente la cosa più grossa che sta succedendo in America – o almeno in Colorado e in tutta la West Coast. Basti pensare che 3 milioni di persone sono oggi in galera negli Stati Uniti per possesso di Marijuana, che 1,2 milioni di persone – autorizzate dal medico – trattano decine di malattie con la Cannabis e che, nel 2015, in Colorado, per merito della rilegalizzazione sono stati creati oltre 20.000 nuovi posti di lavoro. L’industria della Cannabis, in uno stato di 5 milioni di abitanti, occupa lo stesso numero di persone della FIAT in Italia.

Il tema della legalizzazione è controverso. Il pubblico sta accogliendo bene il tuo film o ci sono pregiudizi e resistenze?

Pregiudizi e resistenze ce ne sono ancora tanti, ma l’importante è che se ne discuta. Il film racconta l’esperienza degli Stati Uniti dove il consumo è riservato ai maggiori di 21 anni. Molti sono preoccupati per i minorenni, ma quali sono davvero le conseguenze per i minori, se la legalizzazione è per i maggiorenni?

Che malattie può curare la Cannabis?

In America, negli stati dove é legale l’uso medico, può essere utilizzata in presenza di queste malattie: sclerosi multipla, tumori, epilessia, glaucoma, HIV/AIDS, epatite C, dolore cronico, nausea, spasmi muscolari, Alzheimer, stress post-traumatico, SLA, morbo di Crohn, artriti, fibromialgia… Ma poiché per lo stato federale è classificata come “schedule 1 drug”, cioè droga con alta possibilità di abuso e senza alcun valore terapeutico, non può essere studiata. E questo malgrado gli 1,2 milioni di pazienti che la usano tutti i giorni per trattare queste patologie.

Dal punto di vista economico, a quali effetti potrebbe portare la legalizzazione?

Il punto della questione è come si legalizza. Oggi, in Italia, è legale l’uso medico. Per il farmaco per la sclerosi multipla è legale spendere 8.000 euro l’anno a paziente, ma per lo stesso paziente non è legale coltivarsi una pianta. La Sardegna, da sola, ha 6.000 malati di sclerosi multipla (una delle più alte incidenze al mondo), ma il trattamento con il Sativex è riservato a meno di 100 persone. Se decidessero che è utile (e, considerando che esiste il farmaco, è chiaro che la scienza medica ufficiale lo ha già deciso), e decidessero di darlo a tutti, sarebbe una spesa per il Servizio Sanitario di 48 milioni di euro. Una produzione diffusa nel territorio porterebbe al risparmio di almeno il 90% di quei 48 milioni di euro e alla creazione di qualche centinaio di posti di lavoro. Questo per un farmaco, per una sola malattia e per una piccola regione come la Sardegna. I pochi studi italiani sull’argomento (di qualche anno fa e, a mio avviso, approssimati per difetto), parlano di un beneficio totale per le casse dello stato di 10 miliardi di euro: http://www.lavoce.info/archives/18187/che-effetto-avrebbe-sui-conti-pubblici-la-legalizzazione-delle-droghe-leggere/ In Colorado, Oregon, California e Washington la legalizzazione ha cambiato l’economia.

Che differenza c’è tra la Cannabis legale e quella illegale?

Fondamentalmente, in un mercato illegale, non sai cosa stai comprando. Pesticidi e altra chimica sono usati senza controllo e con effetti – quelli sì – molto pericolosi. La criminalizzazione rovina i giovani, fa fare soldi alle mafie e riempie le galere. In Italia, il 38,4% dei carcerati si trova in prigione per reati legati al proibizionismo.

Come è stato prodotto Re:legalized e in che modo lo stai distribuendo?

Il film è interamente autoprodotto. A parte le difficoltà che tutti hanno a trovare qualcuno disposto ad investire in un documentario, per me è stata una scelta precisa. Solo l’autoproduzione mi garantiva una completa libertà nel raccontare la storia che volevo. Sono stato 2 mesi negli Stati Uniti, principalmente a Eugene, in Oregon. Ho girato l’incontro con lo scienziato in Italia, poi sono tornato altri 3 mesi in Oregon per completare le riprese. Dopo 18 mesi di lavoro il film è uscito il 20 aprile (il four-twenty, data simbolo della legalizzazione della Cannabis negli Stati Uniti e ormai anche fuori). Adesso sto provando a portarlo in giro con proiezioni organizzate al di fuori della distribuzione cinematografica tradizionale. Dopo due presentazioni in Sardegna, siamo stati 3 settimane in un piccolo teatro a Cagliari, il 25 maggio saremo a Perugia, il 26 a Firenze (dove suoneranno in concerto anche i Deleted Soul), il 29 a Roma al Senato e il 31, sempre a Roma, al Cinema Detour. Poi il 9 giugno a Sassari…

Qual è la lezione più importante che hai imparato durante la realizzazione di questo film?

Le cose cambiano quando la gente ci mette la faccia. Le conquiste del movimento gay sono venute dopo che, per anni, in molti hanno pagato a caro prezzo le loro rivendicazioni. La stigmatizzazione e il proibizionismo finiranno solo quando abbastanza gente ci metterà la faccia e smetterà di nascondersi.

C’è un personaggio del cinema, della letteratura o della tv a cui senti di assomigliare? Chi e perché?

Chiamatemi Ismaele. Per i tatuaggi.