Chi lo conosce bene descrive Setti come “un tipo che ha la capacità di infilarsi in situazioni paradossali, vivendole in modo assurdo”, i racconti nelle sue canzoni sono apparentemente sconclusionati, senz’altro bizzari, surreali, a volte tristi, altre decisamente gioiosi. Arto (La Barberia Records, Vaccino Dischi) nasce a distanza di quasi 4 anni dal disco precedente Ahilui. “E’ un condensato di 4 anni di scrittura” ci racconta Nicola “sono le canzoni che sono rimaste dopo anni di concerti e prove, molte non sono arrivate al disco. Sono tutte confluite nella raccolta finale per un’affinità di temi e ispirazione e perché sono quelle che hanno resistito nel tempo, nella mia voglia di eseguirle. Il disco non è un concept, è una raccolta di canzoni. La prima metà del disco, fino a Woods, è quella che considero “americana”, nel senso che sono più che altro canzoni legate a una visione del tutto personale e immaginaria dell’America, sia per temi che forma. Le high school, la provincia da cui si vuole fuggire, i pranzi coi parenti, i barbecue con gli amici, i concerti a cui non si è potuto andare. Dalla metà in poi si esce dall’infanzia/adolescenza rappresentata da un’America immaginaria e fantasiosa per viaggiare nel mondo: una sghemba bossanova psicanalitica, orizzonti inesistenti e non geolocalizzati, tentazioni sloganistiche kraut, mitologia circense che alla fine porta a cercare qualcosa di dannoso (un vello loro) e alla fine realizzare che forse la meta non era un cuore d’oro o di vetro ma di grezzo e resistente legno, con qualcuno attorno. O forse che è l’ennesima sconfitta. Quindi l’album è un piccolo viaggio interiore ma anche in luoghi più o meno definiti che porta al concetto che infondo il disco è un piccolo manufatto che acquista senso grazie a chi ha attorno, chi lo ascolta o chi lo realizza. Come le storie che cambiano quando le racconti. Tra gli oggetti e i concetti. Come un arto che è necessario, produttivo, ma non ha molto senso staccato dal corpo, probabilmente.”

Per essere parte di questa storia play e ascolta il disco o vieni a sentirlo suonato dal vivo questa sera dalle ore 23.00 al Bainait di Montecchio (RE) per il primo appuntamento stagionale della rassegna Concerteeno (info ed evento qui)

Arto ci conferma che una delle grandi verità dei tempi moderni è, bizzarramente, la scoperta della nostalgia. Negli anni Novanta, nessuno si crogiolava nel rimpianto dei decenni precedenti, perché si era troppo presi a godere al massimo delle bellezze del presente, che erano innumerevoli: i walkman, la smemo, gli 883, Beverly Hills 90210, i Nirvana, gli Oasis, i Blur e la dance truzza, le videocassette, le buffalo, i Dr. Martens, Non è la Rai, Italia ’90, il Milan di Capello, la Juve di Del Piero, il bomber, Bim Bum Bam e Lady D, i primi cellulari, gli squilli per dire “ti penso”. Abbiamo così scelto di partire da questo immaginario per il primo appuntamento della nostra nuova rubrica “Scatta una canzone con” in cui un artista costruirà una mini playlist fatta di canzoni che gli balzano in mente per associazione di idee a 5 foto selezionate per lui:

Mi fa pensare al primo pezzo del mio disco Arto. Il pezzo si chiama Stanza. Parla di un amore non corrisposto alle superiori. Una specie di triangolo. Una storia drammatica a tragicamente epica quindi. Per farla ho immaginato di raccontarla come se il cantante Morrissey fosse finito dentro una puntata di un telefilm anni 90 ambientato nelle High School statunitensi. Serie come Beverly Hills 90201, Bayside School o Sabrina vita da strega. Per trattare un argomento adolescenziale con un certo distacco, ironia e epicità. Mi divertiva e mi sembrava pure interessante. Ovviamente parla di emozioni provate, è il ricordo da cui parte il viaggio del disco. Alla fine il risultato probabilmente non c’entra nulla con nessuno degli immaginari a cui pensavo, ma mi emoziona e diverte ancora molto suonarla. L’ho registrata una sera insieme ai Baseball Gregg che sono amici e uno dei miei gruppi preferiti, sul disco è rimasto l’arrangiamento fatto quella sera.

Non sono tifoso e non seguo il calcio. A parte i Mondiali appunto, ogni tanto. L’immagine mi fa pensare a uno dei dischi italiani che mi sono piaciuti di più tra quelli usciti quest’anno. Il disco è Vendetta degli Scudetto, un duo formato da Alessandro Fiori e Gioacchino Turù. Due artisti che amo molto, per me davvero geniali. Il disco è uscito da poco ma l’ho già ascoltato moltissimo. Molte canzoni hanno riferimenti calcistici, trattati in modo obliquo diciamo. Intelligentissimo, con melodie e arrangiamenti stupendi. Una delle mie preferite è “Urrà Juventus”. La prima volta che ho sentito il verso “A Catania” mi sono venuti i brividi. Ho pensato anche al pezzo “Motorock” dell’ultimo disco Discoteca Rock dei Camillas. Anche quello è uno dei miei dischi preferiti tra quelli usciti in Italia quest’anno. Sentendo il pezzo si capisce perché l’ho pensato credo. Mi sono permesso di unirli perché sono dischi usciti nello stesso periodo e perché Scudetto e Camillas suonano spesso insieme.

Mi viene in mente sempre un pezzo del disco Arto. Il pezzo è “Wisconsin” perché il primo verso è “Wisconsin hai le trecce e sembri un gatto, guardi fisso un punto astratto poi d’un tratto scappi via”.  Mi è venuto in mente per il Telegatto ovviamente. Ma anche perché Repetto mi sembra un tipo piuttosto imprevedibile, come un gatto. Ci eravamo fissati con alcuni amici col suo disco solista “Zucchero Filato Nero” e con la sua storia personale, che ormai si confonde tra la leggenda metropolitana e le notizie reali. Mi piace immaginarmela. Inoltre il mio pezzo a tutti gli effetti parla di pranzi coi parenti. Ho una famiglia piuttosto frastagliata diciamo. E il pezzo parla di situazioni non serene vissute in casa. In una delle case in cui ho abitato mi costringevano mio malgrado ad ascoltare spesso gli 883, quindi, al di là del gusto, devo ammettere che non mi suscita belle sensazioni o ricordi sentire un pezzo degli 883. È tuttora abbastanza traumatico, a tratti terrificante.

Ho pensato subito a uno dei miei gruppi preferiti e miei cari amici, che ho già citato prima. Sono i Baseball Gregg ovviamente. Mi piacciono tutti i loro pezzi e ovviamente ho i miei preferiti. Potrei citare “On a screen” per il fatto che comunque è il fotogramma di un film sul baseball con Martin Sheen, oppure potrei citare “Boston” in cui ho fatto un piccolo cameo e a cui sono legato per varie ragioni. Invece dico il mio pezzo preferito del loro ultimo disco Sleep, che per me è davvero un album meraviglioso, il pezzo è “Subtropical Solitude” perché mi fa pensare al sudore dopo un match giocato in un clima umido, magari dopo una sconfitta, in cui vuoi solo stare da solo e toglierti i vestiti appiccicati alla schiena. Sederti sull’erba e stare solo. Poi Luca Lovisetto dei Baseball Gregg ha suonato moltissimo nel disco e lo ha mixato. Siamo anche amici ed è una delle persone con cui mi piace parlare di cinema, film visti e apprezzati. Di baseball non parliamo mai però, anche se da ragazzo ho giocato una fallimentarissima stagione nel Modena Baseball devo ammettere. In un anno, oltre ad avere familiarizzato profondamente con la panchina, ho anche cercato, senza successo, di imparare tutte le regole.

Oltre ovviamente allo sportswear, alla fine erano immagini con molti riferimenti sportivi queste foto, e alle canzoni cantate da Liam Gallagher e scritte da Albarn mi vengono in mente molti gruppi ascrivibili al Brit Pop. Io amo moltissimo Albarn e tutti suoi progetti, e in questi mesi sto ascoltando molto gli ultimi due dischi dei Gorillaz. Detto questo penso al periodo in cui li ascoltavo e li ho scoperti, verso la fine degli anni 90. Pensando a quel periodo mi viene in mente un gruppo inglese come gli Stone Roses che per me rappresenta una certa atmosfera inglese, anche se l’ha preceduta. Direi che un pezzo come “I Wanna Be Adored” riassuma quel periodo a livello della mia percezione di quello star system, in cui rivedo anche cose attuali italiane. Come finti conflitti, pose, aspirazioni ai grandi spazi. Per non parlare dello sportswear. Io i Blur li ascoltavo da ragazzino, quando era uscito il disco tra “Blur” e “13”. E a quell’età probabilmente oscillavo tra il volere essere adorato e il desiderare di sparire, in mezzo a un’educazione più o meno forzatamente cattolica, visto il tema dell’adorazione. Poi il primo disco degli Stone Roses è davvero incredibile, l’ho ascoltato moltissimo, da adorare.