In una delle primissime giornate di un maggio afoso e frenetico, la mia amica (nonché editor di questo sito) Carlotta mi propone di fare un’intervista a un cantautore americano che ultimamente è esploso un po’ ovunque, di cui avevo già  sentito parlare senza essere mai riuscita ad approfondire. Sono su un treno regionale ed è quasi sera, e prima di dirle di sì metto in cuffia SYML, l’ultimo lavoro di Brian Fennell (cantava e suonava coi Barcelona, un gruppo indie rock di metà Duemila) nel suo progetto solista – chiamato, appunto SYML, che in gallese vuol dire “semplicità”.

Nel disco, in effetti, tutto parla di semplicità , a partire dal titolo – il nome stesso del progetto/pseudonimo artistico – fino all’artwork di copertina e all’assenza assoluta di collaborazioni (questo non vuol dire che sia un disco modesto: è ha mixato Joe Visciano, che con Adele e con Beck ha vinto quattro Grammy, e tra i produttori compaiono i nomi di Mark Ralph e Chad Copelin). Si tratta di album cantautorale che prima di tutto direi pulito, fatto di pezzi che si incastrano con naturalezza l’uno nell’altro, con una scrittura limpida e suoni morbidi e scroscianti come le cascate che scorrono fuori da Issaquah, la cittadina nello stato di Washington dove Fennell è cresciuto.

Incontro Brian qualche giorno dopo in un piccolo locale sul Naviglio Grande, a Milano, dove sta facendo promozione e interviste, prima di rivederlo, per unica data in Italia, lunedi 1° Luglio, direttamente sul palcoscenico del Circolo Magnolia di Segrate (Live Nation).

(“Girl” ultimo single videoclip estratto da SYML, il self-titled debut album)

Partirei con una domanda facile: c’è qualcosa in particolare che vuoi dirmi sul tuo disco?

Credo direi che ne sono molto orgoglioso, più di tutto. Se mi avessero chiesto anche solo sei mesi fa se da SYML sarebbe uscito un disco intero avrei detto che era improbabile, quindi io stesso ne sono sorpreso.

Ho letto infatti che in altre interviste dicevi che per te è difficile lavorare a dischi interi.

Sì, perché io scrivo canzoni, una per una, non mi metto a tavolino a pensare: ecco, questo dev’essere il concept di un album quindi devo scrivere canzoni per raccontare questa storia. Per me è più immediato, si tratta di: questo è quello che voglio dire in questa canzone, limitatamente a questo pezzo. Perciò è più facile far uscire soltanto dei singoli, come ho fatto finora. Funziona così per me, per quanto ami gli album lunghi che vanno ascoltati dall’ìnizio alla fine.

Sicuramente il bello di un album intero, rispetto magari a un EP o a singoli sparsi, è che è più organico, permette di costruire una narrazione vera e propria.

In realtà credo che anche in SYML, nonostante i pezzi non siano nati all’inizio per essere parte di un album, ci sia una coerenza di fondo, a livello soprattutto narrativo. La musica e le sonorità magari cambiano, però se ascolti per esempio il primo e l’ultimo pezzo ti rendi conto che è la stessa storia che prosegue. Scrivo della mia vita, e la narrazione musicale la segue in modo naturale.

Che approccio hai alla scrittura?

Di solito mi vengono delle idee e provo a registrare qualche secondo della melodia con il telefono. Parto quasi sempre dalla melodia e solo dopo scrivo il testo. Vado in studio e mi riascolto, e in genere quella è la scintilla che dà  il via: poi succede molto spesso che il risultato finale sia completamente diverso dal punto di partenza.

Notavo che in SYML sono praticamente assenti i featuring, mentre hai lavorato con un paio di produttori abbastanza grossi.

Come ti dicevo l’idea di fare un disco non è nata subito, e allo stesso modo non ho deciso dall’inizio di non volere collaborazioni, ho scritto da solo e non ho mai sentito la necessità o la voglia di chiamare qualcuno per questi pezzi. Coi produttori invece è stato il contrario, ho prodotto praticamente tutto io e poi ho deciso di portare nel progetto anche qualcuno che mi spingesse fuori dal mio safe space, che mi portasse a sperimentare e a osare un po’ di più.

E’ stato figo, ho lavorato con persone pazzesche e ho dovuto imparare a mettere un pò da parte il mio ego e ascoltare quello che mi dicevano gli altri.

Dove l’avete registrato?

L’ho registrato nel mio studio a Seattle, sono tornato a vivere lì da un po’ di anni. Seattle è una città incredibile, tutti la conoscono solo perché piove e per Grey’s Anatomy ma è meravigliosa: c’è la natura tutto intorno, le montagne, l’oceano. Non è Hollywood o Parigi: è vera, selvaggia, è una fonte di ispirazione continua.

Di recente ti hanno fotografato per una rivista di moda italiana. La moda ti piace?

Mi piacciono le cose belle sono un esteta, essenzialmente. Sono convinto che esista alla radice delle cose una bellezza oggettiva, che risiede nella semplicià: vestiti semplici, design puliti. Anche il nome di questo progetto, SYML, in gallese vuol dire appunto “semplicità”. A diciotto anni ho saputo di essere stato adottato, e che i miei genitori biologici sono del Galles. Io non mi sento gallese, sono di Seattle, però la lingua e la cultura mi affascinano.

Crescere a Seattle ti avrà  dato parecchio dal punto di vista musicale.

Quando crescevo erano gli anni del grunge: c’erano i Nirvana, i Soundgarden, impazzivo per gli Smashing Pumpkins. Poi ascoltavo tutti i cantautori, da Jeff Buckley agli altri. La canzone che hanno messo ora nel bar mi fa impazzire (“Build a Home” di The Cinematic Orchestra), c’era anche al mio matrimonio e mi fa sempre piangere. Se dovessi scegliere un artista di oggi con cui collaborare direi Billie Eilish, lei è incredibile.

Un tuo pezzo è esploso perché (a tua insaputa peraltro) è finito nella colonna sonora di “Teen Wolf”; è successo a parecchi negli ultimi anni di arrivare di botto a un grande pubblico grazie alle serie tv.

Sì, è cambiato il modo in cui scopriamo musica nuova. C’è un sacco di offerta, poi però alla fine ti fai consigliare da un tuo amico che conosce i tuoi gusti e che ti dice cosa dovresti ascoltare. Le serie tv hanno un pubblico enorme, parecchie hanno lanciato band o artisti esordienti.

Alcune hanno per certi versi contribuito a creare una scena, penso ad esempio a The O.C. con The Killers e Death Cab For Cutie.

Sono colonne sonore fatte con ricerca, cucite addosso alla serie. Come il successo dei The Fray grazie a Grey’s Anatomy, che ha la stessa responsabile delle musiche di The O.C., Alexandra Patsavas.

Ora sei in viaggio e tra poco partirai in tour, come ti stai preparando?

Andare in tour mi fa sempre provare emozioni contrastanti. Quando stavo nei Barcelona eravamo un gruppo piccolo, e abbiamo smesso di suonare perché il progetto non aveva più molto da darci, artisticamente parlando. Poi stavamo diventando adulti, il batterista aveva una figlia … Diventa difficile, a me ora piace stare a casa con la mia famiglia. Però è stimolante, mi piace viaggiare, gireremo gli USA e l’Europa. Non mi aspettavo che SYML avrebbe avuto così tanto pubblico, sicuramente sono felice di come stanno andando le cose.

 

(Photo by Shervin Lainez)