Sono appena finite le festività Natalizie e il calore domestico di questi giorni lascia spazio alla fredda routine che incombe, svegliandoci dal torpore come uno sgarbato scossone sulla spalla durante il più ristoratore dei sonni.
Ci sono solo due antidoti a questa situazione: leggeri malanni di stagione che possano procrastinare il rientro al lavoro e iniziare a programmare le vacanze estive sognando il primo raggio di sole ustionante sulla faccia.

E poi c’è Frah Quintale che con il suo sound ci ricorda che sta tornando il sole.

Tutto bene Frah?
Bene, tutto a posto.

Subito al cuore della faccenda: quando hai capito che volevi fare musica nella vita?
Verso i 13-14 anni con degli amici, in cazzeggio in una sala prove facendo cover, poi, dopo circa un’anno, ho iniziato a fare freestyle. Inizialmente non era il mio obiettivo fare della musica un lavoro perché la concezione di quello che si poteva raggiungere con la musica all’epoca era diverso: era più un passatempo. Un sogno, diciamo, che in Italia, facendo rap, non si sarebbe potuto realizzare. Poi fortunatamente la scena è cambiata e così ci ho provato.

Cosa ti ha più incoraggiato e cosa ti ha più scoraggiato in questo percorso?
La musica. Quella che mi piaceva mi ha spronato, quella di merda in un primo momento mi ha scoraggiato ma poi è diventata input per capire che io potevo fare di meglio.

I tuoi progetti musicali sono nati con Merio sotto lo pseudonimo Fratelli Quintale: com’è cominciata?
Era circa il 2005, e a Brescia c’era questa piazzetta dove ci si trovava al sabato. C’erano i breakdancer, i writers e si faceva freestyle. Non per menarmela ma io e Merio ci siamo conosciuti perché eravamo sempre quelli che mandavano a casa tutti e così ci siamo decisi a provare a fare sul serio.

Da lì quasi un album all’anno, e poi nel 2016 il tuo EP da solista: 2004 (uscito lo scorso Ottobre per Undamento). Hai sentito la necessità di iniziare a camminare da solo o la sintonia tra “i Fratelli” ha buttato male come in casa Fibra-Nesli?
(Ride) No tranquillo, non ci siamo azzuffati. La roba bella dei Quintale è il fatto che abbiamo due personalità totalmente diverse che però hanno trovato come in Tra il bar e la favola e in One Hundred, sotto i beat di Ceri & Bosca, la stessa casa.
Dopo tanti anni abbiamo, però, capito che anche coltivare la propria indole musicale, senza doversi sforzare di fare stare tutto sotto lo stesso tetto, può essere una via alternativa. Chiamiamolo bisogno di muoversi con le proprie gambe.

State lavorando a un nuovo disco?
Sono tornato oggi da una quattro giorni mega intensa in studio a Milano in cui sto ultimando un po’ di brani. C’è un po’ di materiale che vorremmo fare uscire e entro fine febbraio, capiremo se fare un disco o comunque altri singoli. Dopo Tra il bar e la favola non ho più smesso di scrivere, ho 6-7 pezzi in rampa di lancio e vorrei arrivare ad una decina prima di capire cosa farne.

Si parlava di street art: sei un writer e hai anche lavorato a 360° a questo ep, montando e animando i video, ideando e disegnando a mano 100 cover di 2004. Hai un problema di fiducia negli altri o solo talento da vendere?
Diciamo che ho un basso consumo e produco tanto, in una fase in cui tutto è pettinato e calibrato fino al centesimo. L’idea di fare le copertine homemade è nata per impreziosire il lavoro. Nell’epoca della musica digitale dove il supporto fisico è sempre di più un feticcio perché non renderlo feticcio a tutti gli effetti? Ne abbiamo numerate 100 ma ne stiamo facendo molte di più perché sono andate tutte soldout al primo live al Carmen Town di Brescia: è stato bello vedere la gente spulciare tra le copertine come in un negozio di dischi per scegliere la propria. Mi piace pensare che sia controcultura rispetto a come vien venduta la musica oggi. La verità, poi, è che sono uno che ha sempre fatto graffiti e disegnato quindi per me è stato anche un gioco.

Ieri è uscito il video di una nuova versione di Tornado suonata con la band. Il singolo è dello scorso autunno: sperate possa comunque diventare una delle HIT della prossima estate?
Perché no, credo che ogni pezzo possa avere una vita infinita una volta uscito.