Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Giorgio Poi, uomini contro insetti

“Uomini contro insetti” è il tanto sperato ritorno di Giorgio Poi (foto di copertina), e lo fa con una ballata dal sapore retrò che rievoca l’eco orchestrale di Phil Spector, intrecciando ironia e malinconia. Il brano riflette con leggerezza sul nostro tempo, minacciato dalla crisi ambientale e dal consumismo, ponendo l’eterno interrogativo sul posto dell’uomo nel mondo. I riverberi sognanti e le melodie dolciastre, accentuano il contrasto tra la delicatezza della forma e la profondità del senso.

VOV VOV!, Night Ride

Il brano debutto dei VOV VOV!   scorre come una guida notturna solitaria, sospesa tra realtà e immaginazione, in cui krautrock e suggestioni oniriche si intrecciano. L’organo elettrico e le trame elettroniche avvolgenti creano un’atmosfera a metà tra sogno e inquietudine, perfetta colonna sonora per il dialogo surreale tra una bambina e un mostro a due teste.

Garda 1990, Sick Tamburo, Bulma

Il sound di “Bulma”, il nuovo brano dei Garda 1990 , a cui si aggiunge la collaborazione di Gian Maria Accusani (Sick Tamburo), affonda le radici nel midwest emo, con chitarre taglienti e linee vocali che oscillano tra malinconia e urgenza. “Bulma racconta la difficoltà di accettarsi, con la sincerità ruvida tipica della band.

Gionata, Voglio sorridere un po’

“Voglio sorridere un po’” è il ritorno di Gionata ma anche un inno contro l’apatia, in cui cerca di trasformare il dolore in una ricerca viscerale di emozioni autentiche. Il sound, diretto e minimale, riflette l’anima DIY del progetto, con una produzione essenziale che lascia spazio alla sincerità del testo. Il ritornello esplode in un’urgenza quasi disperata, mentre la melodia malinconica accompagna un viaggio tra ferite e nuove consapevolezze.

CALLIOPE, cuore/lingua

La voce di Calliope in “cuore/lingua” è fragile e intensa, capace di trasmettere tutta la frustrazione di chi cerca parole che sembrano sempre insufficienti. L’artista sembra infatti voler scomparire nel nero dei suoi vestiti, in cui è quasi impossibile distinguere un volto o uno sguardo. Così come si sente chi non riesce a farsi comprendere dall’altro. Eppure, in “cuore/lingua” Calliope non cerca risposte, ma lascia che il senso di distanza si faccia musica, sospeso tra speranza e resa.

Planet Opal, I heard I’ve Heard Brian Eno in the McDonald’s Fridge
I Planet Opal sono tornati per lanciarci in un vortice ipnotico di groove sghembi e irriverente. Il basso martellante si impone fin dal primo istante, seguito da una batteria traballante e un hi-hat che sembra tenere tutto insieme in maniera miracolosa. La voce, distante e algida, ripete un mantra surreale che trasforma un’epifania sonora nel caos di una cucina fast food in una riflessione a metà tra il nonsense e l’introspettivo.

Maju, Lazy Sea

“Lazy Sea” è il debutto di Maju, che ci fa avvicinare alla sua musica con un delicato intreccio di dream-folk e influenze jazz, guidato dalla sua voce vellutata e avvolgente. Il brano riflette sul desiderio di radicarsi e il bisogno di libertà, dipingendo un paesaggio sonoro etereo e malinconico. Il mare pigro del titolo diventa metafora di un mondo che frena i sogni, ma la musica di Maju sembra volerli risvegliare, dolcemente.