Nel nuovo videoclip di “Voglio sorridere un po’”, Gionata ci porta dentro una dimensione intima e disturbata, dove il dolore si fa necessario per riemergere dal torpore emotivo. Primo estratto dal suo terzo album in arrivo nei prossimi mesi, il brano è una confessione lucida e ruvida, nata tra le pareti di casa e cesellata in pieno stile DIY.
Con la sua poetica cruda e viscerale, il cantautore lucchese scava tra le crepe dell’animo umano, alla ricerca di quel sorriso che arriva solo dopo aver toccato il fondo.
«Ho imparato col tempo ad apprezzare la “noia” e la “banalità” che spesso risiedono nella quotidianità e nell’ordinario, temi che analizzo a fondo nelle canzoni che scrivo, soprattutto in questo nuovo disco che verrà. La mia scrittura è malinconica, decadente, ma speranzosa: una speranza che risiede (anche) nelle piccole cose, come una birra tra amici, che spesso portano con sé incontri piacevolmente inaspettati, come l’amicizia tra me e Pietro (che ha ideato insieme a Gionata e diretto il video). Penso che la ricerca di qualcosa di “straordinario nell’ordinario” sia un percorso a cui, prima o poi, la maggior parte delle persone arriva, e che quindi non associo solo al mio progetto ma a un’attitudine condivisa»
GIONATA
Siamo stati nel backstage di “Voglio sorridere un po’” insieme a Gionata e Pietro Lorenzini, che ha diretto il video. I due, conosciutisi poco più di un anno fa in un bar al Pigneto a Roma, hanno da sempre condiviso uno stesso gusto estetico, oltre che cinematografico. In particolare, Roy Anderson è stato il loro “spirito guida”, dice Pietro, e continua :«Secondo me si sposava perfettamente con l’immaginario di Gionata perché anche lui affronta temi come la noia e la morte con un tono a mio avviso ironico e grottesco. Ovviamente non ci siamo fatti intrappolare dalle reference e abbiamo comunque cercato di indagare varie soluzioni per creare qualcosa di nuovo.»
E così mettendo insieme musica, cinema e lunghe sessioni di brainstorming fatte anche al telefono guidando in mezzo al traffico romano, ecco che il video di “Voglio sorridere un po’” ha iniziato a prendere forma davanti agli occhi di entrambi: Gionata buttando giù un’idea generale e Pietro lavorando di sintesi ed «eliminando consapevolmente ogni virtuosismo tipico dei videoclip. Ho deciso infatti di limitare al minimo i movimenti di camera per ottenere un effetto statico e di quotidianità, che restituisse un senso di realtà sospesa. Allo stesso tempo, l’uso costante di una lente grandangolare mi ha permesso di introdurre uno sguardo surreale, capace di spostare la narrazione fuori dell’ordinario. Le location e l’utilizzo degli specchi hanno sicuramente contribuito alla costruzione di ambientazioni malinconiche, inusuali, con un’atmosfera quasi metafisica nel quale Gionata sguazza tranquillamente.»
Ci siamo appassionati a questo racconto a due tanto che non potevamo non chiedere a Gionata e Pietro degli aneddoti o retroscena sulla realizzazione del video. Ecco cosa ci hanno risposto:
Gionata: «Inizialmente pensavo che non saremmo riusciti a fare il video, perché la macchina di Pietro si era fermata in autostrada, problema risolto con molta pazienza e non poche imprecazioni. Avevamo previsto bel tempo e invece c’è stato il cielo grigio, che però, guardando il lato positivo ha rafforzato l’atmosfera cupa delle location esterne. Molte soluzioni sono nate durante la giornata di riprese e questo mi ha divertito molto: una lente di ingrandimento usata come filtro (agganciata alla macchina da presa in modo molto precario, con del filo di ferro) o la torta a forma di cuore, trovata casualmente all’Esselunga. Il vino versato nel video è Tavernello, non vogliateci male.»
Pietro: «Pronti via, entro in autostrada e la spia del motore si accende. Vengo rimbalzato da tre benzinai che mi promettono che all’area di servizio successiva ci sarebbe stata un’officina. Mentre inizio a pianificare la mia notte dormendo in macchina a difendere l’attrezzatura vedo un chioschetto con un meccanico. Dopo aver preso un po’ di offese per le condizioni del mio mezzo, il meccanico risolve il problema e mi dà la sua benedizione. Da lì in poi è andato tutto in discesa.
Da questo video ho imparato che un calice ha molta più capienza di quanto si pensi, che non bisogna sottovalutare la spia del motore e che i cimiteri mi piacciono più di quanto dovrebbero. È stato bello trovare soluzioni coraggiose e inusuali, tipo una doga del letto incastrata in un termosifone e usata come finta mensola dello specchio. Per me è necessario lasciare un po’ di spazio all’improvvisazione quando sono sul set e sicuramente il rapporto con Gionata ha aiutato a rendere tutto più naturale.»