E’ in uno dei primi soleggiati pomeriggi di primavera che, colpevolmente in ritardo, mi trovo ad ascoltare Il grande freddo, terzo EP di Superbi e Santona pubblicato a fine febbraio.
Il grande freddo è uscito in inverno ma grazie al suo lato emo e alle sonorità bedroom pop, è una di quelle produzioni che ha la capacità di creare una sensazione rinfrescante all’ascolto, tanto da farci sentire il bisogno di avvolgerci come in una coperta nei testi malinconici capaci di smuovere ricordi e creare contrasti emotivi. Un po’ come in Varsavia dove “…il gelo ci scalderà”.
In questo disco low-fi è sinonimo di fatto con cura come una ricetta speciale preparata con amore nella propria cucina per condividerla con un gruppo di amici.
Ma la musica a differenza del cibo una volta condivisa è “infinita” e mi è sorto spontaneo chiedermi quali sono le aspettative di un artista che in 6 brani ci racconta in modo intimo e introspettivo le difficoltà di una separazione e delle dipendenze che possono accompagnare la vita adulta, a quante e quali persone vuole arrivare.
Perché low-fi? Perché hai scelto questo tipo di produzione ma anche perché e per chi scrivi musica?
SANTONA) In questo progetto cerco di enfatizzare un senso di precarietà esistenziale e con i suoni mi muovo di conseguenza. In generale produrre e scrivere musica mi viene naturale non scrivo pensando per forza a un pubblico.
Quando esce una tua nuova canzone è più gratificante l’ingresso in una playlist da migliaia di ascolti o avere l’occasione di suonarla live magari anche davanti ad un gruppo ristretto di persone?
SANTONA) Sono due tipi di gratificazioni diverse: le playlist mostrano che il prodotto pubblicato è collocabile in un mercato e questo fa piacere, mentre avere una nicchia di persone ai live dimostra che quello che fai ha una forza nella realtà ed è una sensazione che da senso a tutti gli sforzi.
Qual è il tuo sogno da musicista?
SUPERBI) Poter esprimere l’universo marcio che ho in testa fino a che non mi stanco e cantarlo davanti a folle infinite che cantano le parole all’unisono. Quella dev’essere a mani basse una delle sensazioni migliori del mondo.
Quali sono gli ascolti che influenzano principalmente le tue produzioni?
SUPERBI) Una lista infinita di artisti serpeggia nella mia mente quando penso a chi mi influenzi di più, sicuramente non li posso listarli tutti ma i più importanti sono i Radiohead, Paul McCartney, Elliott Smith, Black Country New Road, Car Seat Headrest, Strokes e Ornella Vanoni.
Nell’attesa che la musica possa diventare anche il tuo primo lavoro di cosa ti occupi e qual è il tuo piano B?
SUPERBI) Sto lavorando al McDonalds vicino casa mia ma mi licenzio tra due settimane, è stata una esperienza che forse potevo non fare ma ogni cosa che facciamo ha un valore da cui possiamo apprendere lezioni importanti, il mio piano B sarebbe percorrere una carriera nel settore dell’illustrazione e se va male quello mi specializzerei nell’insegnamento dell’inglese.
Quale frase de Il grande freddo più ti rappresenta?
SUPERBI) Cavolo, domandona questa. Probabilmente ti direi “sono solo un’abitudine, in mezzo a tutte queste pagine” da Ombre. La mia vita alla fine è scrivere, che siano canzoni o poesie o lettere d’amore. Mi aiuta a tenere un po’ il polso della situazione quando la vita mi tira uno sgabello in faccia e non capisco più dove andare a parare. La scrittura, come la musica, è la mia forma di terapia, ed è una delle poche abitudini salutari che ho ad essere onesti. Menzione speciale per il verso “il più grande disagio è trovarsi in luogo e non sapere in che modo si è arrivati lì” da Bianco sporco, a volte non so come abbia fatto a finire dove sono ora, o come sia ancora vivo hahahah, quindi sì anche quella mi rappresenta abbastanza.