Sono passati quasi due anni da quando Pieralberto Valli ci ha schiuso lo scrigno del suo “Atlas”, il disco di debutto solista che lo ha imposto all’attenzione dei media e del pubblico del settore grazie ad una particolare commistione tra cantautorato, rock ed elettronica e ad un’originale ricerca linguistica ed espressiva che si è tradotta in testi ricercati, poetici, densi, ricchi di suggestioni e rimandi al mondo della letteratura. PAV è tornato il 25 ottobre ora con “NUMEN”, via Ribèss Records/Audioglobe, un progetto ancora una volta ambizioso e contemporaneo composto da quindici intensi brani, contenuti in tre dischi raccolti in un unico cofanetto in edizione limitata, in cui l’artista riesce a creare mondi unici che avvolgono, cullano e, con il frastuono del minimalismo compositivo, scuotono fortemente l’ascoltatore, in un costante e magmatico flusso di immagini che sfiorano spesso la poesia.

Alla fine del 2017 la compagnia di teatro contemporaneo “Città di Ebla” ha commissionato a PAV una parte del lavoro che stava mettendo in scena, “Le visioni di Zosimo”_CONsensu Patris, ossia uno studio corale sul senso del sacro e sulla figura del padre. Questi i due concetti chiave da cui partire, per un totale di circa venti minuti di musica e parole. Le parole scelte sarebbero state le uniche dello spettacolo. Accettato il compito, PAV ha cominciato a scrivere, ispirato da letture e riletture di testi di varia natura (studi sulla Bibbia e il Cristianesimo, testi di Jung, Ermete Trismegisto, e anche visioni più “olistiche” come quelle di Annick de Souzenelle), e in pochissimo tempo sono nati circa 20 movimenti, o canzoni possibili, da ultimare, perfezionare, rivedere. Tre sono poi andati in scena nel maggio del 2018, ma tutto quel patrimonio si è poi coagulato nell’idea di un album, ed ecco “NUMEN”.
“NUMEN” è un album che utilizza quasi esclusivamente il “tu”, come da tradizione del canto devozionale. Allo stesso tempo desidera unire quel “tu” mistico a un “tu” più fisico, carnale: il “tu” del corpo che si rivolge a un altro corpo.
“NUMEN” è un disco umano e abbiamo chiesto a PAV di raccontarcelo traccia dopo traccia.

Non fare tardi
Non fare tardi è l’invocazione che avrebbe dovuto chiudere il terzo disco, a conclusione del lavoro. E proprio per questo è stata messa al principio, per sottolineare la circolarità del tutto.

Profumo
Numen” in sostanza inizia qui, con la carne, con il suono interrotto dei corpi, con l’odore che si diffonde nell’aria quasi fosse l’incenso di un luogo sacro, ma sacro di fisicità.

Moltiplica
Questo è un pezzo che abbonda di citazioni bibliche, ed è stato il brano con cui si apriva lo spettacolo in teatro, seppur in una versione diversa: voce, pianoforte e theremin. A livello musicale c’è anche una specie di omaggio a Mark Hollis, nella successione decrescente degli accordi.

Tutto ciò che so
Una delle cose che mi affascina, e che avverto da sempre, è l’attesa messianica. Aspettiamo qualcosa, aspettiamo qualcuno, aspettiamo un istante rivelatorio. Sappiamo di aspettare, ma non sappiamo esattamente cosa e neppure quando. Rimaniamo a fissare un punto, cerchiamo di cogliere dei messaggi negli eventi. Sappiamo solo questo.

Dimenticare
Curiosamente questo pezzo doveva chiamarsi “Non dimenticare”, ma alla Siae esisteva quello stesso titolo a nome di un mio omonimo e ho dovuto cambiarlo. È un pezzo estremamente autobiografico ed è una invocazione contro l’oblio: bisogna ricordarsi di ricordare, a volte.

Eleusi
Eleusi contiene tutta una serie di domande estrapolate da Ermete Trismegisto. Le usava per dimostrare al figlio l’esistenza di un creatore, o comunque di una entità intelligente che si cela dietro alla cose. Mi è sembrata molto appropriata per il lavoro che stavo facendo.

Salomè
La cosa più curiosa che vi posso dire di questo brano, al di là di tutti i riferimenti sulla figura storica e simbolica di Salomè, è che questo pezzo è diventato un remix che sta facendo ballare un mare di gente in tutto il mondo. Far ballare così tanta gente su questo testo è un cortocircuito fantastico.

I Mind Against suonano in anteprima la versione Remix di Salomè che uscirà a gennaio davanti a migliaia di persone a Tel Aviv e Amsterdam.

La peste
Il titolo non è casuale, e richiama direttamente Camus, uno dei miei autori preferiti. Mentre scrivevo i testi ho riletto “La peste” e ho capito quanto stesse parlando di me. La peste non è una malattia che viene da fuori. È una malattia che ci portiamo dentro.

Vado verso di me
Qui il titolo cita Annick de Souzenelle, una studiosa ebraica. “Va verso di te” pare sia una frase detta ad Adamo dalla bocca di Dio. Va verso di te, trovati, collegati a ciò che sei. Nella mia fase di ricostruzione è stata una frase guida.

Colui che mi porta
Essendo un lavoro su commissione, ho dovuto leggere tanti libri a tema religioso. La frase finale del testo (“Io porto colui che mi porta”) è una citazione e, quando l’ho letta per la prima volta, mi è sembrata estremamente potente. Attorno a quella frase ho costruito il resto.

Allagami
Qui stavo intensamente pensando a Jason Molina, soprattutto a “Ghost Tropic”. Credo si senta.

Il lontano di me
Questo è uno di quei pezzi che hanno faticato a trovare un equilibrio. Era nato come un pezzo in 5/4 al pianoforte, una specie di blues dilatato. Poi, mentre lo registravo, abbiamo fatto una prova creando ritmo pizzicando le corde del pianoforte, un po’ come fanno i Dawn of Midi. Ne è uscita una canzone totalmente diversa.

Unisci i punti
Anche questo pezzo è stato stravolto in studio. La prima versione mi faceva pensare ai piano solo di Shannon Wright, autrice che adoro. Poi abbiamo cominciato a campionare rumori, e siamo finiti altrove.

Eppur si muore
Questo brano mi fa pensare ai Blonde Redhead di “La mia vita violenta”. Ho un amore sconfinato per loro, e il fatto di aver ripreso in mano la chitarra elettrica dopo diversi anni mi ha riportato a quel primo entusiastico amore.

Otello
Volevo chiudere con un pezzo semplice, armonico, quasi classico. Un brano che chiudesse il cerchio per aprirne uno più grande. Spero di averlo fatto.