Gaia Morelli, con il suo timbro così denso e viscerale, è una voce unica nell’attuale panorama italiano. Rara è anche la sua scrittura: ricercata e autentica, capace di dipingere immagini vivide e potenti affiancandosi a sperimentazioni sonore dove si respirano le influenze indie e alternative pop di matrice internazionale di artisti come Bon Iver, Fiona Apple, Sufjan Stevens. Tra le righe del suo mondo fa sempre capolino una lieve malinconia, tratto identitario delle atmosfere rarefatte e delicate del suo primo album solista “La Natura Delle Cose” (Dischi Sotterranei) che segna l’inizio di un nuovo percorso per la cantautrice e musicista piemontese dopo l’avventura con il progetto Baobab!.
Abbiamo raggiunto Gaia Morelli per farle tre domande prima di due importanti concerti, a chiusura del suo tour estivo, che si terranno nella cornice di SPRING ATTITUDE in scena a Roma nel cuore degli Studi di Cinecittà il 13 e 14 settembre – festival internazionale di musica e cultura contemporanea con ospiti internazionali del calibro di ACID ARAB, MOUNT KIMBIE, THE BLAZE, BAR ITALIA, VIAGRA BOYS, FAT DOG e nazionali quali MACE, DANIELA PES, MARCO CASTELLO, COSMO, MOTTA – e successivamente a Garden Fest in programma il 21 e 22 settembre a Boretto, sulle rive del fiume Po in provincia di Reggio Emilia, affiancata da nomi emergenti del panorama musicale italiano quali ANNA AND VULKAN, EURO NETTUNO e dalla storica formazione bolognese ALTRE di B.
“Fine”, il brano che apre il tuo disco “La Natura Delle Cose”, è una canzone che parla di dolore, silenzio e sollievo. Come gestisci le emozioni per far sì che non ti divorino?
Di solito non le gestisco 🙂 o meglio, ci provo ma cado ripetutamente in alcune abitudini poco sane.
Questo brano in particolare mi ha aiutato a focalizzare alcuni elementi che tornano sempre, in modo circolare. Si può imparare a convivere educando queste emozioni, senza schiacciarle obbligatoriamente.
Il 14 settembre ti esibirai a Roma sul palco di Spring Attitude e il 22 al Garden Fest di Boretto (RE). Raccontaci come ti prepari a uno show, se hai qualche rito scaramantico e qual è il tuo brano che non vedi l’ora di farci sentire live.
Non ho un rito scaramantico pre-concerto, prima di salire sul palco però mi trovo sempre con i miei musicisti e facciamo un riassunto delle cose importanti, oppure semplicemente ci prepariamo prima di salire sul palco.
Sicuramente uno dei brani che amo portare dal vivo è “Tutto Il Bene”.
Nel tuo disco si trova molta di quella malinconia tipica di fine estate, sia per le atmosfere che per i testi, che lo rende perfetto per essere ascoltato a settembre. In che stato d’animo e in quale stagione (o stagioni) lo hai scritto, da quali sentimenti sei partita e cosa hai voluto trasmettere?
Questo è stato un disco scritto in un ampio lasso di tempo, anche se la parte di registrazione è avvenuta in estate. Nonostante ciò, probabilmente lo identificherei come un album di fine anno, con la tipica malinconia autunnale.
È stato un grande lavoro di analisi personale e tramite questi brani credo di aver trasmesso consapevolezza, accettazione e amore in molte sue sfaccettature.