Guido Maria Grillo come musicista e cantautore ad oggi, ha pubblicato 3 Lp, un Ep e un singolo (Startup/Warner Music). Ha collaborato con Levante, Musica Nuda, Cristiano Godano, Paolo Benvegnù ed aperto concerti di Rufus Wainwright, Anna Calvi, Avion Travel, Marlene Kuntz, Paolo Jannacci, Niccolò Fabi. Nel 2016, in duetto con la stessa Levante, ha realizzato un clip live di Salsedine, sua canzone contenuta nel terzo album, l’anno seguente è vincitore del Premio Bruno Lauzi. Ma non solo, è anche autore per il teatro, attore e scrittore nel 2017 ha pubblicato il suo primo libro, Questa nostra guerra, edito da Les Flaneurs Edizioni.

E’ probabilmente in questa sua fertilità creativa, nella sua capacità di reinventarsi e rimettersi in gioco e , perché no, nel suo dna (è figlio della pronipote del “principe” Totò) che va contestualizzato il suo nuovo progetto artistico che si presenta come avanguardia della canzone Napoletana tra Murolo, Tenco e Jeff Buckley. Il primo singolo, A chi tene ‘o core, già disponibile su tutte le piattaforme, anticipa l’Ep che sarà pubblicato a marzo 2021. Si tratta di un’esortazione ad affrontare le difficoltà con coraggio e determinazione (cit. trad. “chi non ha cuore vive senza vita e muore senza nome”), ad adottare una forma di Resistenza attiva, individuale e collettiva, alle avversità, con prospettiva di sopravvivenza e rinascita, tanto più necessaria in questo tempo di affanno globale.

Il videoclip è interamente girato nei territori di Riace, Stignano e Caulonia, comuni della cosiddetta Costa dei Gelsomini, affacciata sul Mar Jonio, in provincia di Reggio Calabria. Luoghi che sono ancora oggi teatri di sbarchi anonimi di viaggiatori speranzosi che approdano sulle coste sud dell’Europa, provenienti da Nordafrica e Medio Oriente. Riace è noto nel mondo per le sue politiche di accoglienza ed integrazione e per aver dato vita ad un modello in grado di offrire una nuova prospettiva di
gestione del fenomeno migratorio. Mimmo Lucano, cioè colui che lo ha ideato, allora Sindaco di un Comune di soli duemila abitanti, si è guadagnato un posto tra i 50 leader più influenti al mondo secondo la rivista Fortune, nel 2016.

Abbiamo deciso di utilizzare il tema del viaggio come tramite per conoscere più a fondo il percorso artistico di Guido, buon ascolto e buona strada:

Immagino di dividere con Beat & Style il sedile posteriore della Station Wagon dei miei, quello di quando, da bambino, viaggiavo sdraiato per ore, su cuscini fatti di cappotti arrotolati ed alcun seggiolino aeronautico o dispositivo antiabbandono era ancora stato inventato. Il nostro viaggio parte da lì. Infiniti ricordi della mia vita sono legati ai viaggi, al sedile posteriore di quella station wagon di famiglia, sempre verso nord. E’ il destino naturale di un ragazzo di provincia del sud Italia, fare rotta sempre verso nord, vedere avvicinarsi le montagne e cercare il candore della neve, ovunque si nasconda, con lo stupore rinnovato di chi è nato guardando il mare e le nuvole rapide del meridione. Sono apolide nello spirito, ho cambiato luoghi e città senza mai sentirmi veramente a casa, neanche dove sono nato, forse per una qualche affezione da sradicamento. La musica è stata sempre colonna sonora della mia vita, dunque di ogni mio viaggio, fisico o mentale che fosse, probabilmente, la mia vera casa. Sdraiato su quel sedile posteriore della station wagon, quando, distendendomi del tutto, toccavo a malapena le portiere, cantavo a squarciagola Mina, al di sopra di tutti. Le cassette giravano in loop per ore,  Bugiardo e Incosciente  suonava 5, 6, 7 volte in ogni viaggio.

Nella prima adolescenza, quando iniziavo a fare musica, prove, concerti, era il sacro fuoco della ribellione a scatenare il mio spirito e a indicarmi la rotta. Per me, adolescente negli anni ’90, con tanto furore ed un palato poco fine, nulla era più prorompente di Kurt Cobain, nulla mi accendeva più di Rape me. Tenevo quella cassetta dei Nirvana in un marsupio, pronta per scivolare nel walkman e dare inizio al mio viaggio nel viaggio.

Poi iniziai a comprendere il peso della poesia, del lirismo, a comprendere Fabrizio De Andrè e, da allora, il mio sguardo sul mondo non fu più lo stesso. Il mio approccio alla scrittura, alla chitarra, alla ricerca della parola, alla lettura delle fatiche del mondo, all’empatia, cambiò radicalmente. Eppure, soltanto quando il lirismo incontrò la delicatezza del rock, diventai davvero un altro; quando, cioè, scoprii Grace e quell’angelo caduto che fu Jeff Buckley. Lo portai sempre con me, lungo ogni strada, verso ogni meta.

E quando iniziai a viaggiare da solo, con quella Station Wagon divenuta mia ed, ormai, catorcio, dispensando fumo nero dello scarico al mondo retrostante, percorrendo centinaia di km da sud a nord, entrai nel mondo apparentemente fatato eppure struggente di Lhasa De Sela. Ho percorso migliaia di km, da solo, immerso nella malinconica magia di Con toda palabra, in quella vecchia Audi grigia, lunga e sudicia di gasolio e polvere.
Accadde, poi, che trovai un luogo, in cui le passioni presero forma, mettendo radici discretamente profonde, e, nella temporanea stanzialità, dedicassi molto tempo alla ricerca e molto cuore alla scoperta. Trovai in uno scrigno perle come The Crying Light, capolavoro di Anthony and The Johnsons, con la sua Epilepsy Is Dancing.

e il folgorante Heavy ghost, di un misconosciuto DM Stith, con gioielli come Pity Dance.

Eppure, ho sempre vissuto la stanzialità come una gabbia e quella volta alcuna eccezione mi fu concessa. Sentii il bisogno di andare, per la prima volta in direzione sud. Incredibilmente, mi mancava il mare, la mitezza del clima, la volubilità del cielo.
Riempii all’inverosimile un furgone bianco ottenuto in prestito e feci rotta verso l’origine, verso un luogo immerso nella natura, vuoto e pieno allo stesso tempo, mi dissi che avrei riempito io quel vuoto e fatto tesoro del pieno. Nella solitudine della campagna, comparve un pianoforte stropicciato, pieno di reverbero e cuore, era quello di Benjamine Clementine.
Cambiarono molte cose, nel corso dei mesi successivi, compresi che quel vuoto sarebbe stato impossibile da colmare e che non mi sarei accontentato del pieno. Non fu facile deciderlo, ma necessario. Tornai ragazzo di provincia del sud, mi armai di traguardi e rinnovate aspettattive, così feci ancora rotta verso nord. Mentre le montagne si avvicinavano e spulciavo gli orizzonti in cerca della neve, per rinnovare lo stupore, inciampai in Tamino, e fu di nuovo meraviglia.