Piedi scalzi come Abebe Bikila, blusa da gendarme come Jimi Hendrix e chioma alla Basquiat.
Così ci appare Benjamin Clementine e questi dettagli rappresentano bene la sua essenza: combattivo, talentuoso, innovativo, poetico e geniale.
La voce di Clementine rientra nella classificazione di tenore spinto e la location del Teatro Regio, scelta per questa occasione da Barezzi Festival, si rivela perfetta.
![](https://www.beatandstyle.com/wp-content/uploads/2016/11/A1_DSC_0102.jpg)
![](https://www.beatandstyle.com/wp-content/uploads/2016/11/A2_DSC_0056.jpg)
<<A essere onesto, in realtà non canto>> dice di sé Benjamin <<si tratta semplicemente di esprimere me stesso con suoni diversi di volta in volta, che non riesco a ripetere>>.
E’ regista che mette in scena la storia di sé stesso e il quintetto d’archi che lo accompagna è uno splendido co-protagonista.
E’ attore drammatico, pathos e frenesia di nervi tesi sulle corde del pianoforte che solo nel finale si sciolgono in un divertente cameo con il pubblico.
![](https://www.beatandstyle.com/wp-content/uploads/2016/11/A3_DSC_0069.jpg)
![](https://www.beatandstyle.com/wp-content/uploads/2016/11/A4_DSC_0100.jpg)
L’artista inglese, che non si può più semplicemente definire “una rivelazione”, ci carica sulle sue spalle e ci porta nelle profondità compositive del suo mondo, in apnea, per poi farci riemergere e ricordarci che “Its a wonderful life”, anche grazie a lui.
Credits: Ph. Marco Iemmi