Pietro Miano e Federico Vaccari hanno iniziato a collaborare nel 2004 quasi per gioco: in pochissimo tempo i due produttori si sono ritrovati a firmare lavori di artisti del calibro di Gué Pequeno e Jake La Furia, fino a raggiungere il panorama internazionale, con Dom Kennedy e Dua Lipa.

I 2ND ROOF oggi sono, ormai, produttori multiplatino, con la capacità di prevedere le tendenze musicali e orientarle, nel panorama rap-urban e non solo. La loro musica ha raggiunto, grazie alla loro versatilità, anche il mondo del cinema: nel 2014 producono la colonna sonora del film Il ricco, il povero e il maggiordomo; mentre a livello internazionale, il 2021 si è aperto con la firma della produzione di quattro tracce per Gully.

Dal 4 marzo in radio è in rotazione LOST, feat. J-Ax e NSTASIA (Epic/Sony Music Italy), brano estratto dal loro album ROOF TOP MIXTAPE VOL.1, con cui dimostrano di potersi svincolare facilmente da una sorta di comfort zone, giocando con artisti e suoni diversi e nuovi.

Basta ascoltare l’album, un lavoro poliedrico e metamorfico che racchiude al suo interno 19 tracce, e raccoglie 25 featuring, per comprendere come la vista e l’orecchio dei due produttori possa raggiungere ed abbracciare un pubblico così ampio, muovendo le fila di un lavoro che alterna artisti protagonisti della scena attuale, diversi e complementari tra loro, con la capacità, difficilissima, di non perdere mai la propria identità e il proprio punto di vista, sempre percepibile all’orecchio di chi segue il duo da tempo.

Noi di Futura 1993 abbiamo fatto una chiacchierata direttamente con loro, per farci raccontare come si sono mossi nei loro lavori e come si possono districare i fili rossi del loro album. Leggete cosa ci hanno raccontato!

Tu e Pietro avete firmato lavori nazionali e internazionali: quali sonorità senti più vicine a te, nel tuo lavoro?

F.V.: In generale rap, perché siamo cresciuti con questo genere, ma ovviamente negli anni abbiamo sperimentato con altre sonorità, dal pop alla dance. Penso che comunque, nonostante tutte le sperimentazioni, la sonorità a cui mi piace tornare sempre sia il rap.

Avete collaborato con tantissimi artisti anche molto diversi tra loro, come riuscite a tenere sempre chiara la vostra identità musicale?

F.V.: Sicuramente ha a che fare con il nostro DNA musicale, avendo ascoltato un determinato genere con un certo tipo di sonorità, inizialmente abbiamo a provato a emulare come tutti. Da quelle basi poi si incomincia a dare un tocco personale a quello che già c’era, penso che sia un procedimento naturale di evoluzione. La nostra impronta sicuramente si è pian piano evoluta, anche se a volte non ci si rende conto di averla, ma è più una cosa percepita dall’esterno.

ROOF TOP MIXTAPE VOL. 1 è il vostro ultimo progetto discografico, contenente 19 tracce: come siete arrivati a questo prodotto così omogeneo partendo da brani tanto diversi? C’è un brano dell’album al quale sei più legato?

F.V.: La cosa che rende più omogeneo il progetto è sicuramente il nostro gusto e la scelta di suoni e di artisti, c’erano nomi a cui, per esempio, nel nostro piccolo volevamo dare una possibilità. Uno di questi è Beri, che ascoltavamo da anni ma non aveva mai avuto un suo spazio. Forse la cosa più importante è la stima artistica reciproca, che alla fine è la miglior benzina che si può dare a una canzone per far sì che esca al meglio. Il pezzo a cui sono più legato è probabilmente “Zona” di Kilimoney, perché secondo me lui ha tantissimo stile e ha una visione del rap molto simile alla nostra.

Nell’album alternate 25 featuring diversi, regalandoci una fotografia del panorama musicale attuale. In futuro ti piacerebbe esplorare generi ancora non affrontati? Sogni una collaborazione in particolare?

F.V.: Sicuramente la cosa che tiene accesa la fiamma è la voglia di sperimentare con qualcosa a cui non ci si è mai approcciati, ciò che probabilmente crea più stimoli in questo lavoro è conoscere nuovi artisti e confrontarsi, ogni sessione è diversa e ogni artista ha qualcosa da raccontare, affermato o emergente che sia. Ovviamente più uno è bravo e più si può imparare. Per quanto riguarda una collaborazione in particolare, il sogno della vita è sempre è da sempre Drake.

Avete collaborato con artisti a livello internazionale: quali differenze ci sono, rispetto all’Italia, nel modo di lavorare e di approcciarsi alla musica all’estero?

F.V.: Forse per prima cosa sono i budget, ahahah! Sicuramente all’estero l’intrattenimento è sempre stato visto come un vero e proprio lavoro, in Italia forse c’è ancora un po’ lo stigma della musica come hobby. Le cose pian piano stanno cambiando, almeno per quanto riguarda il panorama urban, ma penso che, essendoci anche un giro economico più debole, a volte non basti collaborare con artisti di grosso calibro. Per farne un lavoro bisogna sicuramente essere continuativi. Di conseguenza, con un giro economico un po’ più ristretto a volte la professionalità può perdere.

Come è iniziata la collaborazione tra te e Federico? Qual è stato il momento decisivo che vi ha portati a creare i 2ND ROOF?

P.M.: La collaborazione tra me e Federico è iniziata nel 2004 come passatempo, inizialmente ci chiamavamo “2ndFloor” perché sia io che Fede abitavamo al secondo piano dello stesso civico su due scale diverse. Poi è subentrato un terzo che si chiamava Andrea Ferrara, in arte ora Sixpm, che abitava forse al quinto piano, e abbiamo dovuto cambiare nome al momento di firmare i primi pezzi come trio. Il momento decisivo è sicuramente stata l’uscita di “Ragazzo d’Oro” di Gué, che sicuramente ci ha dato più credibilità.

Nelle vostre collaborazioni quanto c’è di te e quanto di Federico? Come equilibrate le vostre differenze?

P.M.: È tutto abbastanza equilibrato, non c’è chi è più forte in qualcosa. Siamo tutti e due abbastanza equivalenti, la forza nell’essere in due a volte è dare un plus a un pezzo e dargli un altro punto di vista, e la maggior parte delle volte la canzone può solo migliorare. Detto questo, può capitare che le canzoni siano fatte anche singolarmente, ma prima di ultimarle le ascoltiamo tutti e due per approvazione.

Il vostro album ROOF TOP MIXTAPE VOL. 1 è un mix variegato di artisti molto diversi tra loro: qual è il filo rosso che lega tutti questi artisti e vi ha permesso di creare un prodotto omogeneo e coerente?

P.M.: Una cosa che sicuramente influisce sulla scelta degli artisti è il nostro gusto in fatto di musica, in questo caso abbiamo scelto determinati nomi seguendo proprio ciò che ci piace, abbiamo anche inserito artisti non ancora affermati proprio perché siamo appassionati alla loro musica e quello che fanno è sulle nostre corde, in nessun caso abbiamo cercato di fare una mossa “pop”, siamo andati a istinto esattamente come i mixtape hanno sempre fatto. Fin da quando li ascoltavamo noi da ragazzini ci davano la possibilità di conoscere nuovi artisti che magari non venivano inseriti in album più ufficiali.

Non seguiamo soltanto voi come 2ND ROOF ma anche il tuo incredibile alter ego, Francone. Come è nato questo personaggio e l’idea di inserirlo nell’album? E, soprattutto, cosa sta combinando in questo periodo?

P.M.: Francone è nato in piazza e in realtà non abbiamo avuto scelta, da quando lo conosciamo ci ha sempre detto che avrebbe voluto essere nel nostro primo progetto, ce lo ha detto in tutti i modi, con le buone con le cattive, e ha provato ad allungarci la mazzetta. Cosa sta combinando in questo momento? Ci sono voci che girano che stia sperimentando su stesso un nuovo vaccino 😉

Insieme avete collaborato anche con il mondo del cinema: come cambia, se cambia, il vostro approccio ad un brano quando realizzate un prodotto pensato per essere una colonna sonora?

P.M.: Il mondo del cinema cambia perché sicuramente, al contrario delle normali canzoni, nascono prima le immagini, e molte volte il regista ha una propria visione di come deve girare la scena e che tipo di sensazioni devono suscitare i pezzi. Dunque, bisogna cercare di avvicinarsi più a un’idea che ha in mente lui.

Chiara Grauso

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