Veronica Lucchesi (voce) e Dario Mangiaracina (chitarra, fisarmonica e voce) hanno impiegato circa due anni a dare alla luce il nuovo disco, uscito lo scorso inverno per Woodworm, de La Rappresentante di Lista. “GO GO DIVA” è un lavoro in cui  sensazioni, emozioni ed esperienze vissute in questo arco di tempo si mischiano e si contaminano, si inseguono senza mai raggiungersi. Non si tratta solo di parole e musica, ma di atmosfere che coinvolgono tutti i sensi, accendendoli e interrogandoli.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Veronica in vista del live di questa sera alla serata inaugurale di Balla Coi Cinghiali, leggi l’intervista per sapere cosa c’è dietro all’ultimo disco e nella testa di una delle voci italiane più belle del momento.

Nel vostro comunicato stampa si legge: “Le canzoni de La Rappresentante di Lista sono un unicum nel quale convivono scrittura, teatro e forma canzone”. Quali sono i libri, gli spettacoli teatrali e la musica che vi hanno ispirati?
Sicuramente durante il periodo che ha portato alla composizione del nostro ultimo disco, “GO GO DIVA”, non siamo andati alla ricerca di testi particolarmente inerenti ma coglievamo gli aspetti che ci interessavano dei testi che stavamo leggendo. Quando vivi in un momento in cui hai un tema abbastanza preciso a cui stai pensando è come se i dettagli che ti colpiscono siano quelli che poi effettivamente risultano coerenti con quello che stai cercando: se avessi guardato lo stesso scenario in un altro periodo della mia vita molto probabilmente avrei notato altri dettagli.

Ci sono dei titoli in particolare?
Leggevo la “Trilogia della città di K.” e mi rendevo conto di come questi due fratelli facessero delle prove estreme e cercassero nel corpo la risposta a situazioni della vita che erano troppo complicate da razionalizzare. Guardavamo “La pianista” di Haneke, “Laurence Anyways” di Dolan e coglievamo la necessità, tipica di alcuni personaggi, di presentarsi per quello che erano, senza filtri. Ci incuriosiva il racconto di come si fa a scrivere storie fantastiche di Rodari, di come due termini agli antipodi poi riescono a creare quella scintilla proprio perché sono così distanti, ma ci siamo soffermati anche su Jodorowsky, Cortázar e Virginia Woolf. Ci sono film che ci hanno profondamente scossi, come ad esempio “Mommy” di Dolan, gli spunti e i materiali da cui abbiamo attinto sono molti.

In che stato d’animo eri quando avete scritto e registrato il disco?
È stato un periodo molto complesso, fatto di grandi cambiamenti nella mia vita: dal lasciare la casa in cui abitavo al vedere le relazioni all’interno della mia famiglia cambiare, perdere un po’ di punti saldi anche nelle relazioni sentimentali ed essere in confusione. Da una parte ero in un grande buco nero, dall’altra questa stessa condizione mi ha lasciato non solo grandissima libertà, ma anche la possibilità di essere totalmente stravolta, perché ero in grande ascolto: per come sono fatta io, quando sono in momento del genere ho proprio i sensi amplificati, ho la necessità di ascoltare ogni minimo cambiamento che avviene nel mio corpo, i dettagli dei miei pensieri, percepire come sto in un ambiente. È quindi un momento che ti lascia grande spazio per la fantasia e la creatività, che ti fa venire subito i nervi a fior di pelle e allo stesso tempo rabbia e gioia infinita: diventa epico anche nel racconto che fai, e riesci a tradurre nella tua arte questa forza che hanno i sentimenti in quel momento.

Foto -sopra e copertina- di Manuela Di Pisa

Chi è “GO GO DIVA” e quanto c’è di lei in te e di te in lei?
GO GO DIVA sicuramente sono io, è anche Dario, e potresti essere tranquillamente anche tu. Quello che abbiamo cercato di fare è tradurre un punto di vista e codificare delle sensazioni partendo da un’esperienza personale, proprio perché sono condizioni e situazioni che incontriamo nella nostra vita. Riuscendo a scrivere una sensazione molto precisa, ma lasciando alcune parti aperte e libere, dai la possibilità a chi ascolta di riempirle con i suoi significati. Per questo diventa importante quando l’ascoltatore arriva da te e ti restituisce qualcosa che tu non avevi previsto, un significato altro, che magari è molto vicino a quello che hai dato tu, però lasciando quel margine dai la possibilità, a chi ascolta quella storia, di diventare la diva. Nel mio caso è una femmina che ha scoperto cosa significa il desiderio, avere degli impulsi, curiosità nei confronti della vita, ha sete, beve ma non è mai sazia, quindi deve cercare ancora. È qualcuno che cerca delle risposte, con un profondo senso di giustizia verso se stessa e verso quello che accade nel mondo, è qualcuno che vive a stretto contatto con la terra e l’ambiente e ha bisogno di spostare degli equilibri.

“Sembra che quello che hai non basti mai” canti in “Poveri noi”. Secondo te siamo troppo influenzati dalla società in cui viviamo o siamo noi per primi a volere sempre di più?
È probabile che ci siano componenti di entrambe le cose, o più cose di questo tipo. Sicuramente non viviamo in una società facile, ed è vero che ci viene richiesto di essere sempre all’altezza delle cose o di superarci o di essere più veloci, belli, intraprendenti, affascinanti. Se penso alla conoscenza del desiderio, la comprensione dei miei istinti di donna, un po’ più animaleschi e di curiosità nei confronti delle cose, mi viene in mente il sapere, il fatto che io sono cresciuta, ho studiato delle cose e ne ho scoperte di altre e ho iniziato ad averne curiosità, più scoprivo una cosa più avevo voglia di scoprirne altre. Non c’è un obiettivo a cui arrivare, è come una droga o qualcosa che si autoalimenta, è un fuoco che ti arde dentro, che non capisci dove ti porterà, a parte la comprensione sempre più intensa e profonda di quello che sei. D’altra parte penso che se non mi facessi tutte queste domande forse vivrei in modo molto più sereno e semplice, fatto di piccole cose e meno affanni.

Il vostro ultimo tour ha avuto un grosso successo e ha registrato parecchi sold out in tutta Italia. Come vivi la dimensione del live?
È una dimensione in cui sto benissimo, la preferisco a tante altre e mi piace perché abbiamo la possibilità di trasformare gli arrangiamenti, viverci gli sguardi con il pubblico sempre in modo diverso, avere la possibilità di comprendere che tipo di concerto fare, proprio perché ogni piazza è diversa, così come ogni palcoscenico. Ogni pubblico ha un tempo diverso per entrare nel tuo mondo e quindi è un momento magico, unico e assolutamente vivo.

Qual è il viaggio più bello che hai fatto?
Viaggiare mi piace moltissimo, fino ad oggi uno dei più belli è stato in Marocco. Ci sono stata un mese e ho avuto la possibilità di vedere degli scenari micidiali, una delle cose che colpisce di più è svegliarsi nel deserto, aprire la tenda e ritrovarsi una volta di stelle così vicine che ti vengono le palpitazioni, sembrano caderti addosso. Poi ho avuto la fortuna di conoscere la musica tradizionale, aver vissuto con ritmi e tempi diversi dai miei, sguardi diversi, modi di rapportarsi molto differenti, mentre cercavo di entrare in rapporto con una cultura nuova, con il dovuto respiro e la dovuta calma. È stato un momento molto interessante, per me fondamentale al fine di liberarmi di molti pensieri e riuscire a guardare a quello che stavo facendo con più serenità, ed è stato un bellissimo tempo anche per scrivere e comporre quello che poi sarebbe stato “GO GO DIVA”.