Non so bene cosa stia provando in queste lunghe settimane di isolamento dal mondo esterno, non sono mai voluta andare a fare la spesa, non ho mai nemmeno fatto work-out, non dipingo, non studio, non lavoro, non guardo la tv, e nemmeno Netflix. Ascolto musica, tanta musica, ov- viamente le mie playlist Daily Mix, che mi stanno mostrando altri mondi, ma il mio chiodo fisso resta il cantautorato italiano, quello vecchio, vecchissimo. Poco tempo fa abbiamo celebrato i più grandi: da Battiato agli ottanta anni di Mina, e siccome siamo un po’ tutte Mina in questo periodo, o almeno io mi ci sento, ascolto la mia musica preferita, quella che il più delle volte tengo per me, perché se hai 25 anni e ascolti Bruno Lauzi sei un po’ démodè, beh anche io ascolto Drake, ma gli accordi di “Ritornerai” mi emozionano di più.

A casa ho un giradischi arancione, non ho molti vinili perché aspettavo i mercatini vintage sui Navigli per fare acquisti, odio fare shopping online, amo spulciare tra le bancarelle e contrattare il prezzo. Mi ritrovo a mettere su un vinile, quello che in copertina ha la faccia del mio idolo in asso- luto: Lucio Dalla, lato 1 ( L’ ultima luna, Stella di mare, La signora, Milano); lato 2 (Anna e Marco, Tango, Cosa sarà, Notte, L’anno che verrà).

Parte l’intro de “L’ultima luna” e inizio a cantare, nonostante tutto. E non importa su quale piatta- forma sia, su quale supporto, ho un bisogno impellente di sentire Lucio, che rappresenta un po’ l’amico con cui vorresti sempre stare, con cui vorresti fumare l’ultima sigaretta prima di andare a dormire, il primo da chiamare quando si è tristi, quando si è allegri, insomma Lucio Dalla è il mio migliore amico. Mentre impazzisco, il testo di “Angeli”, mi fa volare.

Sono stati spesi fiumi di parole su Lucio, sulla musica italiana, “sei come una canzone di Mogol e Battisti”, per me resta ancora la migliore dichiarazione che qualcuno possa fare. Su Battiato, poi potrei scrivere un’enciclopedia, o meglio un compendio da consultare come quando si chiede consiglio all’omeopata. Perché Franco Battiato è catarsi, un modo per elevarsi, durante queste ore che ormai non riesco più a contare. La quarantena mi provoca aggressività verbale, ho cerca- to dunque una soluzione a tale atteggiamento che mi stava facendo perdere amici, colleghi e il rapporto madre-figlia.

Così da persona Mediamente Isterica ho iniziato ad ascoltare “La voce del padrone” e tra un Cuccurucucù Paloma, mentre cercavo un centro di gravità permanente, per non cambiare idea continuamente, tutto diventava più chiaro, anche io adesso sventolo una bandiera bianca, che è più simile a una t-shirt di Zara con su scritto “My mind is Art”. Improvvisamente sento la necessità di una campana tibetana e di una Summer On a Solitary Beach.

“È un momento difficile, tesoro”, continuo a ripetermi, ma sono certa che passerà.
Potrà sembrare retorica, potrà sembrare ottimismo spicciolo, addirittura banale, ma sappiamo tutti che la concezione di banalità all’interno della musica non è rintracciabile.

Questa pausa forzata, dove la musica non si ferma, mi ha fatto entrare in contatto di nuovo con la musica che ho sempre amato, per la quale mi emoziono, quella dei lunghi viaggi in autostrada con la famiglia, ho riscoperto una vecchia collezione di cd e cassette di mia mamma, ho ritrovato “Cannibali” di Raf, e un po’ mi sono anche commossa. La musica mi salva è un pensiero semplice, ma che racchiude un mondo dentro.