A Milano il mare dista pochi passi dallo Stadio di San Siro. Lo trovi tra il deposito ATM di via Novara e la Caserma Santa Barbara, chiuso tra le mura di una cascina del ‘600.

Il mare di cui stiamo parlando si chiama Mare Culturale Urbano e le onde che incontri qui sono quelle della musica delle band e dei djs che si alternano sul palco per tutta l’estate. È martedì, sono circa le 22.00. Nel bellissimo palco coperto allestito al centro del cortile stanno suonando gli Aftersalsa quando in un tavolo vicino al bancone raggiungo Marco Manini e Luca De Gennaro – curatori della rassegna “Big Up!” – e Andrea Capaldi, fondatore e direttore artistico.

Che cos’è Mare Culturale Urbano?
Andrea: MCU è un centro di produzione artistica che nasce (per scelta) in una zona non centrale di Milano, lontana dai quartieri perennemente sotto i riflettori. È una piazza, un luogo amico che vuole essere un punto di riferimento per la comunità. Vogliamo che le persone vengano qui per incontrarsi e confrontarsi. La nostra missione è (ri)costruire una comunità che abbia al centro le persone e i loro bisogni. L’arte ha il potere di unire le persone e farle crescere… qui le diamo tutto quello di cui ha bisogno. Noi qui accogliamo tutti: dall’anziano che vuole ballare il liscio, al trapper di quartiere. Sono tutti i benvenuti. Oltretutto abbiamo scelto di essere molto attivi anche d’estate, che storicamente è un periodo in cui a Milano non c’è molto da fare, proprio per diventare un punto di riferimento per il quartiere e per la città.

La parola “mare” nel 2019 evoca tragedie umanitarie e disastri ambientali, non più vacanze spensierate in riviera; qual’è l’importanza di un mare “culturale” di questi tempi?
Andrea: l’uomo si è messo in mare per andare verso l’ignoto alla ricerca di cose nuove. Il mare unisce paesi lontani, genti diverse, ci ha permesso di mischiare idee, culture, usanze. Ed è quello che vogliamo fare anche noi qui. Il mare è anche un luogo democratico, perché lì tutti siamo uguali e questo è un altro valore in cui crediamo tantissimo. Per noi “mare” è metafora di fermento, di movimento costante e incessante, è un contenitore enorme che ti mettere in relazione con chi è diverso da te. Mare Culturale nasce qui a San Siro ma è un progetto che sognamo di esportare in altre periferie.

Luca: io sono cresciuto guardando il mare della Liguria e per me il mare ha sempre avuto un’accezione positiva. Pensare al mare significava pensare ai mille colori del tramonto, alle vacanze… è bello che si cerchi di legare nuovamente il mare a qualcosa di positivo. Si parla di tolleranza ed integrazione ma per quanto mi riguarda il concetto fondamentale è il rispetto: rispetto per chi viene dal mare e per il mare stesso.

Parlando di musica, che ruolo hanno l’arte e nello specifico la musica qui a MCU?
Luca: ho iniziato a frequentare questo posto da cliente. Sono residente a San Siro da tanti anni e qui oltre al calcio non è mai arrivato tanto. Questo posto per me è stata una luce che si è accesa nel buio del quartiere. L’idea che fosse nato un posto così vivo e fertile mi ha attirato subito. Ho voluto iniziare a collaborare con MCU e così è nato Big Up!, una rassegna dedicata ai giovani talenti curata da Marco. Per Big Up! c’è una fase di ricerca molto accurata, andiamo a cercare i progetti più interessanti e li portiamo sul palco, gli diamo uno spazio in cui esibirsi e un pubblico vero. Facciamo da vetrina per i progetti che scegliamo di sostenere ma allo stesso tempo offriamo alle persone un motivo valido per uscire di casa.

Avete scelto di insidiarvi a San Siro, una zona lontana dal centro della città. Qual’è il valore delle periferie per l’arte nelle città di oggi?
Andrea: La nostra esigenza era quella di insediarci là dove le persone si scontrano con la quotidianità, con la vita vera, lontani dalla vie patinate del centro. Storicamente è nelle periferie che nascono e crescono i progetti più rilevanti ed interessanti a livello artistico. Per decenni si è ampliata una forbice in cui pochi hanno avuto accesso a determinati codici, alla cultura, all’educazione. La politica e la cultura si sono allontanate dalle persone ed è successo un disastro. Gli artisti si sono ritrovati nelle loro stanze buie a farsi pippe mentali sul cosa fosse o meno importante per la loro carriera. Ma la tendenza sembra essersi invertita. Stiamo vivendo un periodo storico in cui molti progetti “dal basso” arrivano ad un numero di persone assolutamente incredibile. Questo ha riportato la cultura ad essere una cosa anti-elite, una cosa di tutti, in cui chiunque può riconoscersi. Abbiamo creato la rassegna “Voci di Periferia” proprio per intercettare queste logiche.

Luca: tra l’altro l’arte storicamente si è sempre sviluppata in una logica di distretto o di quartiere. Nessuno ha mai parlato della scena del centro di Londra. Oggi a NY le cose interessanti non le trovi a Manhattan ma devi spingerti a Bushwick o Williamsburg, tutti quartieri che non sono centrali ma lo diventano. I centri dell città sono sempre rimasti vittime di sé stessi. Chissà, magari un giorno si parlerà della scena di San Siro…

Andrea: vuoi mettere nel clima politico di oggi vedere Ghali che tira più di 10.000 persone al Forum di Assago? Da una parte hai la tv che ti racconta di un’invasione di ladri e stupratori, dall’altra un ragazzo nato e cresciuto a pochi passi da qui che ti racconta esattamente il contrario.

Visti da fuori sembrate i paladini del “offline”… vi battete per costruire un network di persone che si incontrano “per davvero”…
Andrea: Questo è il senso della centralità che l’arte e la musica hanno qui. Si sta perdendo il rito dell’incontrarsi, dello stare insieme, del chiacchierare con persone che non si conoscono. Vedere un concerto dal vivo è come stare davanti a un quadro in un museo. Non conosci nessuno ma siete tutti li per lo stesso motivo, per fare qualcosa di bello. L’arte è fondamentale per la crescita degli individui. Se io mi emoziono per la stessa cosa che emoziona te, rido per la stessa cosa per cui ridi te significa che siamo simili. Ci fa capire che uniti siamo qualcosa di più che da soli.

Luca: il tema dell’essere “offline” credo che sia assolutamente centrato. Mi fa pensare al fatto che i fenomeni musicali più grandi del secolo scorso sono diventati miti proprio grazie al fatto che non erano accessibili a tutti. Erano lontani, ne sentivi parlare, ti arrivavano voci, quindi mitizzavi tutto e ti stupivi molto di più. L’Inghilterra e l’America erano come pianeti lontani per noi. Ci siamo abituati all’idea che vivere le cose stando in mutande sul divano sia uguale ma non è così. Vivere le cose in prima persona ha tutto un altro sapore.

Milano sta crescendo molto velocemente ed è proiettata verso il futuro. Qual’è il ruolo di un centro di produzione artistica in tutto questo?
Marco: MCU è un centro polifunzionale pensato per cambiare forma e contenuti tutte le volte che vogliamo. In questa fase di forte cambiamento e slancio per la città sapere di poter essere dinamici e flessibili è fondamentale. Vogliamo essere parte di questo fermento e vogliamo contribuire ad amplificarlo. Essere in una cascina del ‘600 in mezzo a palazzi nuovi, ristrutturata grazie a un bando del Comune di Milano, ha creato un legame con il passato e con il futuro della città. Per noi questo è fondamentale.

Cosa succederà nei prossimi mesi?
Andrea: Lavoreremo sodo per alimentare una programmazione sempre più fitta. Stiamo anche collaborando con il Comune di Milano con cui siamo al lavoro all’interno dell’Ex- Convitto del Parco Trotter, in Via Padova. È una fase di co-progettazione che durerà diversi mesi e ci porterà ad aprire questo nuovo spazio già nella primavera 2020, salvo imprevisti…

Prossimi appuntamenti da non perdere?
Marco: sicuramente il 18 luglio con Big Up! dedicata alla scena Hip Hop, poi il 29 giugno con Laura Stevenson e la serata conclusiva con Le Feste Antonacci il 5 settembre.

(Scopri tutto il calendario estivo su: http://maremilano.org/)

Credits: foto di Luca Chiaudano e Silvia Violante Rouge