Se non l’ho messa ieri, mi sa che non la metterò mai più. Al commesso gliel’avevo detto
“Mi piace da Dio, è a metà prezzo, ma andrà a finire che non la metterò mai; a qualche concerto psichedelico, forse”. “Ma no, dai sta bene anche con un jeans, in ufficio, è elegante” – mi rispose.
“Te la compro ma, per cortesia, non diciamo cazzate”.

Poi arriva il concerto psichedelico, non hai tempo di cambiarti e vai diretto dall’ufficio con una camicia azzurra da Meeting di CL. E invece quella lì sarebbe stata perfetta. Non è satura e iridea, psichedelica, non ha i colori accesi…E’ più sul genere Warren Ellis…Father John Misty…quella gente molto magra con la barba alla rasputin. Un po’ anche sul genere Homer Ciccione Buontempone. Un po’ più gay, forse.

Insomma, nell’armadio c’è una camicia bellissima che l’altra sera all’Alcatraz, a sentire i Flaming Lips, non ho indossato e forse non indosserò mai.

A parte aver sbagliato la misèe, [Chiamandosi questo sito, Beat And Style, mi sento sempre di mettere qualcosa legato alla moda anche se non centra nulla – ndD] l’appuntamento coi Flaming Lips è andato bene. Anche troppo.

Ero andato per togliermi lo sfizio. Una volta nella vita vanno sentiti dal vivo. Metto la bandierina tanto per dire fatto. La setlist del tour è un Best Of più due o tre pezzi dall’album appena uscito. Una ragazzata fuori porta, infrasettimanale, senza troppi patemi. Cinico e risoluto. Una botta e via.

Eh. Niente. come il solito ci son rimasto dentro.

Cotto perso.

Si son messi in tiro. Hanno messo in mostra tutte le cose migliori e ci son rimasto.

Prima hanno mandato un’amica, Georgia, a introdurli, una ragazza col fisico da mondina con due braccia che se ti tira una sberla ti mettono in cameretta con Schumi. Georgia canta, benissimo, mentre suona, benissimo, una batteria elettronica con un piatto soltanto. In alto in alto che deve stendere tutto il flaccido braccio sinistro. Molto brava.

A essere sincero, ero con un amico, e ci siamo messi a parlare di fantamercato. Non ero molto attento però ci ha scaldato bene, per metterci appetito.

Alle dieci, schivi, montano sul palco e Wayne, con una lunga e teatrale apertura a Race For The Price mi fa sentire come quando aspetti una tipa davanti al locale con le mani in tasca e la vedi arrivare da lontano e non sai se andarle incontro e non sai se tenere le mani in tasca o dove metterle…che conserte sembri incazzato…dietro la schiena sembri un vecchio…le tengo in tasca…
L’avvicinamento, dicevo, è stato lunghissimo, come se sfilassero per il marciapiede, lasciandomi troppo tempo per pensare a come salutarsi.

Abbraccio o bacetto? Se bacetto uno o due? Ciao con la manina che gira e collo schiacciato tra le spalle?…

Arrivati a distanza di punta di piedi, anziché darmi un paio di bacini sulle guance o girare la manina schiacciando il collo tra le spalle mi hanno messo la lingua in bocca in un’esplosione di piatti e luci e led e fibre ottiche e fumo e coriandoli.

E’ subito festa, tutta la tensione si scioglie.

A quel punto l’appuntamento è tutto in discesa. Dobbiamo solo cercare di dire cazzate. Mi va bene che sono loro a cantare.

Arrivati al nostro tavolo, si tolgono il cappotto con Yoshimi Battles The Pink Robots, sfoderando un vestitino sinuoso che denota eleganza, autostima e carattere.

Aprendo il menu mi chiedono di cosa avrei voglia, lanciandoti uno sguardo curioso e malizioso, col pezzo più lisergico dell’ultimo album, There Should Be Unicorns. Lo sguardo malizioso sta nella cavalcata per la platea di Coyne, in sella a un unicorno ricoperto di Led.
Lì, per la prima volta, io e il mio amico ci guardiamo e ci diciamo ciò che avevamo paura di chiederci, temendo la risposta: “Tu hai da fumare, vero?”
“Eh figa io no, vengo dall’ufficio e devo guidare”
“Eh minchia anche io son arrivato diretto dall’ufficio”
“Noooo!”

Una cannetta per sciogliere la tensione! Per dilatarci il giusto!

Adesso cantano, noi siamo nervosi, non stiamo dietro a quel che dicono e come lo dicono perché ci muriamo a fissare quanto son fighi.

E il primo appuntamento con loro va così.

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fonte instagram

 

E’ talmente bella la festa tra luci colorate, palloncini colorati, coriandoli, pupazzoni giganti, arcobaleni e amanite gonfiabili, il Ragazzo Bolla che ci cammina in testa, l’unicorno led, che poi quello spettacolare omaggio ai Pink Floyd che è Pompeii Am Götterdämmerung la vivi e ti stupisce sì…certo…ti culla coi bassi profondissimi e ti striglia con alti vertiginosi sì…ok…però inizi a chiederti… non sarà che sembrano così intelligenti e virtuosi soltanto perché sono così appariscenti?

Coltivando queste paranoie e stramaledicendo il non essersi portati un po’ di condimento il concerto prosegue con altri pezzi che mi rassicurano sulla qualità: How??, The Observer e What Is The Light? (An Untested Hypothesis Suggesting That the Chemical [In Our Brains] by Which We Are Able to Experience the Sensation of Being in Love Is the Same Chemical That Caused the “Big Bang” That Was the Birth of the Accelerating Universe).


INTERMEZZO: Il titolo di quest’ultima canzone mi ha sempre fatto sognare di una puntata di Sarabanda tra l’Uomo Gatto e un bassista quarantatrenne di Torino.


Enrico Papi: Uomo Gatto attenzione, parte il golden gol, il primo che sbaglia è fuori, Mooseca!
[Mooseca: PA! PA! PA!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
Uomo Gatto: La Canzone del Sole
E.P.: Bravo Uomo Gatto. Ora sta al nostro sfidante, Nicholas Gardiglia. Rilassati che la prima è facile, Maestro…
[Mooseca: PE! PA! PE!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
Nicholas Gardiglia: Tom Traubert’s Blues, nota anche come Waltzing Mathilda.
E.P.: Nicholas mi devi dire il titolo completo! momento momento, giudice, diamo possibilità di concluderla? Sì? Sì ok.
N.G: Hai ragione Enrico – Tom Traubert’s Blues aperta parentesi Four Sheets to the Wind in Copenhagen chiusa parentesi.
E.P.: Bravo Nick, te l’avevo detto che era facile. Uomo Gatto sta a te. Maestro????
[Mooseca: PE! PA! PE!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
U.G.: Sally!
E.P.: Il nostro campione!!!!Un Fenomeno!!! Nicholas…eh ma che culo, dai che è facile pure questa…Vada Maestro!
[Mooseca: PE! P!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
N.G.: What Is The Light punto interrogativo aperta parentesi An Untested Hypothesis Suggesting That the Chemical aperta parentesi quadra In Our Brains chiusa parentesi quadra by Which We Are Able to Experience the Sensation of Being in Love Is the Same Chemical That Caused the aperte virgolette Big Bang chiuse virgolette That Was the Birth of the Accelerating Universe chiusa parentesi.
E.P.: Eccerto! E cosa se no! Uomo Gatto, hai trovato uno sfidante fortunato..concentrati.
[Mooseca: PE! PA!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
U.G.: Nel Blu Dipinto di Blu!
E.P.: è il nostro fenomeno! l’UOMO GATTO!!!!!! Gagliardi, mi raccomando!
[Mooseca: PEE! PE! PE! PE!]
[Pulsantone: YEEEEEEEK]
N.G.: Fatti Mandare Dalla Mamma
E.P.: NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! MA COME FAI A DIRE FATTI MANDARE DALLA MAMMA! NICHOLAS! HAI SBAGLIATO! L’UOMO GATTO E’ DI NUOVO IL CAMPIONE! ERA WAITING ROOM DEI FUGAZI!!NICHOLAS! MENTRE VI SALUTIAMO LA RIASCOLTIAMO!MANNAGGIA!GAGLIARDI!
[il programma vi è stato offerta da Malizia – Malizia Profumo d’intesa]


A metà appuntamento provano a colpirmi con una citazione famosa, per farmi capire che abbiamo un sacco di cose in comune: una cover di Space Oddity con Coyne che galleggia sulla platea dentro a una gigante bolla di plastica.

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Con Feeling Yourself Disintegrate smetto per un attimo di ascoltarli e inizio a vagare nella mente: “Eh ma cazzo sono già le undici! Il tempo con loro mi è volato! Anche senza droga! Ma con la droga sarebbe stato meglio! Tutto è meglio con la droga! Anche la droga? Certo. Anche la droga è meglio con la droga!”

“Anche noi ci sentiamo a nostro agio con te, Dario” mi rispondono, riprendendosi la mia attenzione, mentre allungano una mano sul mio palmo. A questo punto quei matti affabulatori della prima ora e mezza si rivelano dei teneroni che ti vogliono addormentare con dei pezzi affettuosi e melensi: The Castle.
Chiedono il conto con Are You a Hipnotist?? e, appena usciti mi limonano di nuovo con The W.A.N.D.
Per un attimo, nonostante il pisello barzotto, mi godo della rilassatezza dello stomaco e della cassa toracica, prendo coscienza della mia gioia e serenità. Tutto questo mentre mi riaccompagnano fin sotto casa con A Spoonful Weighs A Ton.

Ci salutiamo, dandoci già appuntamento per la prima volta che tornano in zona con Do You Realize??

Una canzone che meriterebbe dodici pagine di analisi, undici delle quali sul One! Two! Three! il Four col fiato corto! e l’esplosione di piatti.
Sei secondi sull’essenza degli incontri con la ragazza di cui si è innamorati:
–  la tensione, l’ansia il nervosismo, la trepidazione del sapere che lei è dietro l’angolo – il conto alla rovescia strozzato
– il reinnamorarsi ogni volta, in un’esplosione chimica che manda in black out la ragione, al suo sorriso – il frastornante clamore di piatti e alti.

Degli altri due minuti e mezzo di testi e melodie incredibili vi parlerò dopo il secondo appuntamento.

Nel mondo reale io e il mio amico ci beviamo una pepsi, imbarazzati dalla nostra stessa sobrietà quasi non ci parliamo. Succhiamo aria dalla cannuccia guardando Dellera degli Afterhours, vestito come Ron Burgundy, chiacchiera con Dente, mentre le loro fidanzate, pesanti un decimo dei loro cappotti, sbadigliano forzatamente.

Lo riaccompagno a casa, commentando le quattro prostitute che incrociamo (Rispettivamente: “e che due galloni lilè!”, “quel tranvone lì aveva la mascella come Mauro Milanese”, “povrènna che fred!” “va*****o che bella figa!”) e imbocco la Tangenziale Est con un rimpianto corrodente:

Dovevo mettermi quella camicia là. Penseranno che sono un grigio ragioniere senza opinioni che passa le giornate davanti a excel. Con una camicia come quella nell’armadio. A prendere polvere.

Perché non ho messo quella camicia.

Domani vaffanculo la metto ad andare in ufficio. Ci faccio i cerca vert con quella camicia là.

 

quella camicia là

nella foto: la trama di quella camicia là