Ok vabbè è un pezzo che racconta la sensazione di trovarsi in contesti diversi, la non voglia di adeguarsi agli standard, il senso di pace con il mondo che si prova quando si sta realmente bene con sé stessi.
“Se non piaccio a te, dico ok vabbè”.

Dopo aver scosso il pubblico, come si erano prefissati di fare, con la loro partecipazione alla dodicesima edizione di X Factor, dopo l’album di debutto Offbeat, da cui estratti i singoli di successo Baby Run feat. Manuel Agnelli e Bravo realizzata dal producer Populous, l’iconico duo pop Sem&Stènn che si diverte a infrangere le regole, protagonisti e promotori dei valori lgbtiq+ e dell’importanza della diversità,  torna con un nuovo capitolo artistico che ci avvicina ad un nuovo disco ma soprattutto determinato a realizzare qualcosa di rivoluzionario aprendoci le porte di una nuova scena musicale in Italia.

Anticipato da K.O. feat. YMATT, per la prima volta cantando in Italiano, il loro nuovo singolo OK VABBE’ racconta la sensazione di trovarsi in contesti diversi, la non voglia di adeguarsi agli standard, il senso di pace con il mondo che si prova quando si sta realmente bene con sé stessi.

Nel video Sem&Stènn hanno deciso di rappresentare un mondo ideale attraverso i luoghi e le persone della Sicilia autentica, dove, pur essendo esteticamente insoliti rispetto al contesto, sono perfettamente inseriti nelle situazioni quotidiane del piccolo paese. Rosolini (SR), il paese natale di Sem (che ha anche diretto il video), in questo senso, è stato un bellissimo laboratorio per questo esperimento: “il senso di accoglienza di questa terra ci ha dato la speranza che prima o poi il nostro desiderio diventerà reale”.

Per immergervi pienamente nel progetto S&S – duo capace di lavorare in modo indipendente sia alla parte musicale (scrittura di testi e melodie, scelta degli arrangiamenti, produzione) che alla parte visuale (photoshoot, direzione e regia dei videoclip) – gli abbiamo chiesto di selezionare e raccontarci 5 brani/videoclip fondamentali e fonte d’ispirazione per il loro processo creativo. Godetevi il #gimmefive

DIRRTY – CHRISTINA AGUILERA FEAT. REDMAN

Se Fabio Volo nel 2019 ha ancora problemi nel comprendere che la libertà di espressione femminile attraverso il corpo non autorizza giudizi sulla moralità della donna stessa, nel 2002 Christina Aguilera cercava già di spiegarcelo con il video di Dirrty, capolavoro firmato David Lachapelle che la ritrae in un fight club segreto a declinare tutte le sfumature della parola, appunto, “Dirrty”. Uno dei video musicali più oltraggiosi di sempre, per un pezzo che per sound e vocalità rimane ancora impareggiabile.

X RAY – TOMMY CASH

C’era nell’aria da tempo un ritorno alle sonorità dei primi anni 2000, e Tommy Cash non manca nel farlo a modo suo riuscendo ad amalgamare alla perfezione i synthoni eurodance con beat trap. Nel video Tommy è un santone con migliaia di seguaci in un tempio moderno. Il suo essere freak ed aesthetic allo stesso tempo lo rendono il nostro mito contemporaneo.

COOL GIRL – TOVE LO

E’ solo una parte di un corto, Fairy Dust, che racconta track by track il secondo disco di Tove Lo “Lady Wood” (che non vuole dire “figa di legno” ma “orgasmo femminile”), che si conclude con 3 minuti di masturbazione mentre scorrono i titoli di coda (momento geniale). Il pezzo e il video comunicano l’idea di self-empowerment in cui il corpo è strumento centrale nella narrazione. E diciamolo: la sua salopette beige ha dettato tendenza un po’ ovunque.

MGMT – TIME TO PRETEND

Anche questo video racconta di un rituale, ma stavolta siamo su una spiaggia dove Andrew ci fa perdere la testa a torso nudo. Gli effetti di motion graphic da prima lezione di After Effect hanno aperto un’era ad un linguaggio visivo per tutti gli artisti indie così come è stato il loro intero album “Oracular Spectacular”.

SCREAM – MICHAEL JACKSON FEAT JANET JACKSON

Non è mica il video più costoso della storia per niente. E’ stato pioniere ad utilizzare l’estetica futuristica dello spazio. Ci sono tanti riferimenti agli anime giapponesi. Styling immortale. Collaborazione epica.

 

 

Foto credits: Duilio Scalici