Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

maggio, Ora vorrei

Fascino d’oltreoceano, outfit che ricorda l’ultimo manga che hai letto quando eri ancora al liceo, stiamo parlando di maggio, nuovo pupillo di casa Asian Fake. A metà strada tra mostrare la fierezza di un guerriero e la consapevolezza di un monaco Shaolin, maggio con le sue vesti sembra proprio uscito da un tempio sì ma in cui l’unico credo è il mantra della musica. Ora vorrei è una presa di coscienza sul valore del tempo, spiega l’artista, a conferma del fatto che non importa quanti kilometri hai fatto nella tua vita, la cosa importante è aver goduto di un tempo di qualità.

GBRESCI, Pharma

Continuano i GBRESCI a rapire la mia attenzione con il loro gusto per il minimalismo visivo: poche immagini, ma giuste, taglienti. Il duo anche stavolta accompagna al loro singolo, “Pharma”, immagini di desolazione che ben si mescolano alle basi elettroniche e alla voce che ricorda i tempi e le tematiche della trap. “Pharma” è il risveglio dopo il trip, è l’allucinazione ad occhi aperti dopo una notte insonne trascorsa ad ascoltare GBRESCI.

Eleonora Elettra, Ora che non ho

Si tinge di porpora il nuovo capitolo scritto da Eleonora Elettra sulle note di “Ora che non ho”. Un singolo questo che avanza per negazione, come una lista di tutti quelli che sono stati i desideri infranti, diventati ormai cenere gettata al vento. Eleonora Elettra me la immagino come una semidea illuminata da una luce al neon, come una commistione dunque di passione per il classico insieme anche ad una propensione verso l’innovazione.

Nube, come un film di wes

Colori pastello, toni tenui e in palette sono i segni distintivi di una pellicola di Wes Anderson, e da oggi anche di Nube, artista emergente che si fa notare immediatamente per la sua scelta di stile. Un’attenzione cromatica così come per la musica capace di farti immergere in un mondo dai colori vividi e saturati come quello che si vedeva in televisione negli anni Settanta. Nube, insomma, sembra proprio un personaggio uscito da Gran Budapest Hotel, con tutte le sue peculiarità e stranezze (in senso buono) che non vediamo l’ora di scoprire nelle prossime uscite!

Tamì, Primo ottobre

Alzi la mano chi guardava anime su MTV a tarda notte e chi ancora più weirdo (si dice così adesso) comprava i manga, ad esempio di Nana. Ecco sì, lo stile di Tamì oltre che la copertina del suo nuovo album mi ricorda proprio lo stesso mood che si respirava leggendo le graphic novel di importazione nipponica. Dal retrogusto emo e pop punk di inizio 2000, le sette tracce che compongono “Primo ottobre” si alternano ad una ricercatezza dei testi di matrice più cantautorale. Anche in questo caso Tamì è la voce di una generazione che non sa chi è e che ricerca una risposta nella musica, nei manga, nella fantasia e in tutto ciò che è bello.