Per chi come noi ama e racconta de Le Feste Antonacci fin dagli esordi questo è un giorno speciale. UOMINI CANI GABBIANI, il loro primo album descritto come “Un meteorite in picchiata sul pianeta Musica Italiana, un misterioso monolite di electropop” e come dargli torto, è uscito oggi venerdì 27 giugno per Panico Dischi.

Giacomo Lecchi d’Alessandro e Leonardo Rizzi: che hanno suonato, cantato, registrato, prodotto, mixato ogni singolo elemento di questo album, raggiungono l’apice di una fase artistica prolifica, in cui un estro totale finisce per combinarsi in una grande coerenza sonora. Il disco a vocazione mistica ribalta ogni convenzione fino a risultare straordinariamente pop. Una nuova fede da abbracciare, in bilico tra sacro e profano, commedia e tragedia, devozione e blasfemia. Sette perle, quanto basta, una collezione di icone del nostro tempo declinate in toni e suoni infuocati. Immagini ben delineate che si stagliano nette in quella grande confusione che è la vita, costeggiando la tragedia insita nell’esistenza con un mix taumaturgico di entusiasmo pazzo, leggerezza e un’onesta ansia sullo sfondo.

Le Feste Antonacci celebrano l’uscita dell’album con una serie di concerti domenica 6 luglio a Genova a Altaonda/Balena Festival e martedì 8 luglio a Firenze a Spazio Ultravox, poi a fine estate venerdì 12 settembre a Trento a Poplar Festival e sabato 13 settembre a Bologna per GoGoBo Festival, un assaggio di quello che succederà poi in autunno nei club di tutta Italia.

Ma la celebrazione di questa release prosegue anche su B&S, infatti alcune delle influenze e pazzie musicali di Giacomo e Leonardo, sono raccontate nella PLAYLIST #34 che ci hanno confezionato. Siete pronti a farvi guidare dai due sacerdoti (in)fedeli al culto delle 4B: Battisti, Battiato, Beatles e Bach. Ma, in quanto veri eretici, dentro ci mettono anche il prog, il jazz, il rock e tutto ciò che vibra. Beat che trafiggono, basslines monotonali che sorreggono architetture di groove a volte spinte fino alla trans, preghiere sintetiche innalzate verso il cielo, accordi oscuri per raggiungere un orgasmo di vibrazioni che non cerca contegno e non prova vergogna. Un sound che si muove sul filo della tensione tra tonalità estreme, plasmandosi però in una visione finale coerente con quello che i due artisti – palesemente fuori dai canoni (nonché dal mondo) – considerano “Pop”.