Perché quando sono felice, esco – così Luigi Tenco rispondeva a chi, durante le interviste, gli domandava come mai scrivesse solo canzoni tristi. Un mantra che è sopravvissuto nei decenni, che è stato fatto proprio da migliaia di artisti, e che porta le persone a pensare che forse, quando sono state scritte le danze kuduro degli ultimi anni, forse Tenco bisognava viverlo in modo un po’ più didascalico.

Uno dei momenti dell’anno in cui questa frase ritorna preponderante è l’avvento della primavera, che è intrinsecamente un tempo di contraddizioni, tra la felicità del primo sole e la lotta armata contro l’allergia. Se la colonna sonora dell’estate è spesso dettata dalle hit usa e getta e dagli headliner dei festival, quella dell’autunno dalle uscite di dischi post-letargici, e quella dell’inverno dai tour nei palazzetti, trovarne una per la primavera è un’impresa più ardua – e, per certi versi, più personale. La colonna sonora della primavera è un interludio che prepara all’esplosione gioiosa dell’estate, ma è anche un intimo momento di riflessione e un palliativo per lenire gli sbalzi sentimentali stagionali. La chitarra, in primavera, è acustica, il pianoforte è concesso in rarissimi casi, l’orchestra è a riposo, i bpm non sono mai più di 100, la cassa non è in quattro, dei sintetizzatori non c’è nemmeno l’ombra. Ricercarla e descriverla può apparire un esercizio vano e arioso; e proprio per questo, in questa guida in tre atti cercherò di essere quanto più concreto ed esemplificativo possibile.

ATTO I – Il nome: Moldy Peaches

Partiamo dall’artista di riferimento: i Moldy Peaches. Il duo composto da Adam Green e Kimya Dawson si è formato a New York nel 1994, e all’attivo ha un solo album, omonimo, uscito nel 2001. Spesso vengono associati al genere anti-folk, che è una specie di unione tra punk e folk, solo che a differenza del primo l’attivismo politico è in secondo piano, e a differenza del secondo, per citare John Berger, anti-folk is not like folk, which is boring and lame.

Dopo anni di inattività, intervallati da album solisti dei due componenti (Remember that I love you di Kimya Dawson, uscito nel 2006, è ad oggi uno dei dischi più coraggiosi e sinceri degli ultimi decenni), hanno programmato per il 2023 una reunion che toccherà anche l’Europa con tre concerti, a Londra il 29 Maggio, e in seguito al Primavera Sound di Barcellona e Madrid.

I Moldy Peaches sono un duo uomo-donna, e i loro pezzi si sviluppano su un cantato dialogato con frequente ricorso al controcanto, una produzione volutamente artigianale e domestica, priva di orpelli e con i suoni che ricordano le vecchie cassette, e pochi strumenti a disegnare le linee melodiche – chitarra acustica per la parte folk, percussioni martellate per la parte punk. Anyone else but you, il pezzo commovente che cantano Elliott Page e Michael Cera nella scena finale di Juno, è proprio un brano tratto da questo disco. L’album omonimo scorre tra tenere dichiarazioni d’amore e sfuriate punk sulle dipendenze e le droghe, ma soprattutto scorre leggero, intriso di contraddizioni e pillole di buonumore malinconico. È un album che fa piangere, fa ridere, fa sentire puri e innocenti, a tratti fa venir voglia di togliersi le cuffie, lanciarle e urlare “cosa sto ascoltando?”. Ma soprattutto – è un disco che, giunti al termine, fa pensare a quanto sarebbe bello potersi sentire sempre come mentre lo si ascolta. Tra la malinconia delle chitarre e l’agitazione dei tamburi, tra il caldo del timbro di Kimya Dawson e l’imprecisione di Adam Green, i Moldy Peaches sono come la primavera: risvegliano, commuovono, agitano, ma portano con sé le migliori intenzioni.

ATTO II – Il genere: sadcore

Se il nome già di per sé è esplicativo, il nirvana si raggiunge con la definizione che ne diede AllMusic – by and for the depressed. Anche se si tratta di un termine giornalistico, più che di un genere, raccoglie al suo interno quella parte dell’alternative rock caratterizzata da melodie lente, testi sostanzialmente tristi e tempi lenti – o talvolta, tempi medi o addirittura veloci, a patto però che i testi rimangano scarni e introspettivi. Il sadcore è un genere che racchiude al suo interno, tutto sommato, un ristretto numero di artisti: Cat Power è stata definita da LA Weekly la regina del sadcore, e in effetti Sea of love o The greatest sono brani che raccontano perfettamente la primavera, nel sonnolento ondeggiare della voce e nel calore tiepido che sprigiona il timbro dell’artista. All’interno del sadcore troviamo certamente i Cigarettes After Sex, che con le loro melodie inconfondibile e la voce unica di Greg Gonzalez disegnano perfettamente l’armonia satellitare e l’allineamento interiore che la primavera spesso velleitariamente dovrebbe portare con sé. Certamente anche Lana del Rey, nella versione Hollywood sadcore, più d’elite e accessibile, rientra all’interno del genere.

Il sadcore, più che la tristezza, porta con sé calma, serenità e un intermezzo dalla frenesia del quotidiano. E se la primavera è il tempo della preparazione, della riflessione, ma anche dell’autoindulgenza – non può che esserci genere migliore per la sua colonna sonora.

ATTO III – L’album: Best day of my life

L’album perfetto per la colonna sonora della primavera, ironicamente, è uscito in autunno. Per la precisione, a Ottobre 2022, si chiama Best day of my life, è stato rilasciato dalla piccola etichetta indipendente britannica Urok, ed è scritto, cantato e prodotto da Tom Odell (foto di copertina). Un album estremamente minimalista: 12 pezzi quasi interamente piano e voce, registrati in uno studio domestico – a tratti si sente lo scricchiolio dello sgabello su cui Tom Odell era seduto – e racconta della rottura del rapporto con la Columbia Records, della fine di amori passati, e attraversa sentieri tortuosi per concludere con la catartica Smiling all the way back home. Il motivo per cui questo disco, malgrado l’uscita autunnale, rappresenta la colonna sonora perfetta è perché racchiude in poco meno di 30 minuti quello che ho cercato di riassumere in queste pagine: che in primavera, è vero, gli umori variano e la malinconia è il sentimento spesso supremo, e musicalmente si cerca l’accompagnamento perfetto. Tuttavia, la colonna sonora della primavera, a prescindere, deve sempre terminare con una speranza, un piccolo spiraglio di luce. E Smiling all the way back home conclude con un midtempo e Tom Odell che dice I don’t wanna say goodbye, it’s been so long since I stayed up late at night with someone that I like. E in questo verso, all’incirca, è riassunto tutto quello che ho cercato di scrivere.

L’artista e cantautore dalle indiscusse doti, autore di brani ad alto tasso emotivo, ha annunciato il suo ritorno in Italia e per la prima volta salirà sul palco dell’anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera (BS) mercoledi’ 19 luglio 2023, in occasione del Festival Tener-a-mente. Tutte le info al sito www.anfiteatrodelvittoriale.it