Quanto possono essere lunghi 4 anni? Chiedetelo a Francesco Motta e con tutta probabilità vi risponderà che possono durare quasi una vita, o quantomeno il passaggio da una all’altra, nel suo caso da quella come frontman della sua ex band Criminal Jokers a quello da cantante solista, autore di uno dei più bei dischi italiani del 2016. Il suo La fine dei vent’anni, uscito per Woodworm e prodotto da Riccardo Sinigallia, è uno di quegli album folgoranti che ci mettono davvero poco a colpire nel segno e a farsi ascoltare e riascoltare. E da qui, dal gusto che regala aver fatto qualcosa che in tanti amano, partiamo per una chiacchierata a pochi giorni da il suo live al Todays Festival di Torino.

MOTTA, con un 2016 finora così denso di gratificazioni qual è la sensazione dominante?

La sensazione, bella, è che dopo anni passati lavorando di brutto posso finalmente dire che ne è valsa davvero la pena. E poterlo dire e soprattutto sentire mi fa bene alla salute.

Ti aspettavi una risposta così positiva a La fine dei vent’anni?

No. Ero davvero troppo immerso nel lavoro, quello profondo che inghiotte, rapisce, per percepire o intuire che cosa stesse accadendo intorno a me.

La tua carriera solista è iniziata dopo un momento di delusione seguito a Bestie, il secondo album dei Criminl Jokers. Che cosa ha tirato fuori in te quella amerezza e quella rottura?

Più che amarezza è nata la consapevolezza che fosse finita la magia dell’età adolescenziale. Da quel momento sono stato tanto da solo, cosa che all’inizio mi faceva molta paura e che invece poi ho scoperto essere bellissima. La solitudine è una cosa che ho imparato ad amare crescendo, anche se posso dire con certezza di essere molto meno solo, nella sostanza delle cose, oggi rispetto al passato.

Quanto è stato cruciale per questo disco l’incontro con Riccardo Sinigallia?

Tantissimo. Il nostro è, oggi, un rapporto di splendida amicizia e al contempo un rapporto che crea cose belle. Sai, per me questo disco era fondamentale per capire che cosa pensavo davvero, che cosa volevo dire e che musica volevo fare ed è il motivo per cui ci ho messo 4 anni a farlo. Riccardo è subentrato l’ultimo anno ed è stato fondamentale ma soprattutto è stato rispettoso. Io, per dire, a volte volevo spesso ri-registrare cose, mentre lui interveniva con la delicatezza che gli è propria e mi diceva: “questo è bello così, teniamolo”.

Che cosa hai visto tu in lui e lui in te?

Io in lui ho visto uno dei più forti cantautori che abbiamo in Italia e ho visto una persona che apprezzava molto quello che stavo facendo. Lui in me non lo so, ma qualunque cosa sia ne sono felice.

Sei nato a Pisa e sei vissuto a lungo a Livorno: c’è qualcosa che ti manca di quella città?

Nulla, non mi manca nulla della città, ma mi mancano le persone e in particolare mia sorella e i miei genitori. La famiglia. Credo che le radici stiano negli affetti, non nei luoghi.

Oggi vivi a Roma, ben descritta nel tuo disco. Che città è per te?

Una città vera, che ti parla in faccia. Roma non ha pietà in nessuna maniera e io la vivo da innamorato.

Hai avuto un’educazione musicale in famiglia? i tuoi ascoltavano musica quando eri piccolo?

Io sono musicista e mia sorella è musico-terapista, e anche se i miei genitori non suonano ci hanno fatto capire fin da piccoli che la musica è una cosa importantissima per la vita. Questa credo sia una cosa straordinaria e affatto banale.

Che rapporto hai con il live? Ti gasa, ti agita o al contrario ti rilassa?

Il live per me è un momento sacro e no, non mi rilassa se non dopo, quando tutto è finito. Il live, rispetto alla tortura dello scrivere un disco, è un godimento.

Che forma ha la tortura?

La disciplina, che è indispensabile, ma l’ho scoperto e accettato solo oggi che sono grande.

Che cosa ne pensi della così detta scena italiana alternativa? Chi ti piace, chi ascolti?

Un cantautore fortissimo, si chiama Sinigallia, te no forse già parlato? Scherzi a parte, ascolto davvero tutta la roba di Riccardo e ultimamente ho amato Die di Iosonouncane. Amo chi ama la musica.

E che cosa pensi di chi, come per esempio Calcutta, dopo un successo improvviso attira altrettanto odio?

Edoardo ha avuto successo immediato che, come dire, doveva essere in qualche modo bilanciato da qualcosa di negativo, in questo caso quelli che lo insultano un po’ a caso. Io lo conosco e lo apprezzo e credo che stia gestendo tutto molto bene, al meglio direi.  Ti dirò di più: credo che sarà uno dei pochi che rimarrà a lungo.

Hai un look ben preciso e definito e che ti differenzia: ti ha ispirato qualcuno?

No, assolutamente, è qualcosa di totalmente casuale che nel tempo è diventato per me come un tatuaggio.

Che cosa pensi scriverai alla fine dei 30 anni?

Spero di poter parlare di un figlio e spero di avere le palle di mettermi da parte per un po’.