Prendete la parola “frammentazione” e provate ad accostarla a tanti, diversi settori del nostro paese, scoprirete che ci si abbina benissimo. Dalla politica, a, e ne parliamo qui, lo spettacolo, la mancanza di coesione, in favore dei particolarismi, è una caratteristica italiana che fa sì che le battaglie e le forze per portarle avanti, vengano circoscritte al proprio cortile, mentre il pericolo, quello vero, sta ben al di là e basterebbe alzare lo sguardo per capirlo. Ecco, in questi giorni in cui si è manifestato via social prima, nelle piazze poi, per ribadire che la musica (così come il teatro, la danza, gli eventi in generale, aggiungiamo) è un lavoro per tanti, tantissimi, molti più di quanto un “non addetto” possa immaginare, noi abbiamo voluto fare una chiacchierata con alcuni dei ragazzi di Spin Nazionale, l’Associazione d’innovazione per le realtà medio piccole polivalenti dello spettacolo dal vivo. Loro, che proprio alla logica del “ognuno per sé” si sono ribellati, non per impeto ideologico, ma, all’opposto, perché ne riconoscono i limiti concreti e tangibili, hanno deciso di provare a, come si legge nello statuto, “rispondere alle istanze delle migliaia di realtà medio piccole dello spettacolo dal vivo che, in questo momento storico, si trovano a fronteggiare una crisi che non conosce precedenti nella nostra storia contemporanea”. La presidente Valentina Gallo e uno dei sette soci fondatori Silvano Orlandini ci hanno, dunque, spiegato, perché, al netto di hashtag e sit-in, è fondamentale per i lavoratori del modo dello spettacolo dal vivo, azzerare la dispersione di energia, per, al contrario, provare a canalizzarla insieme in una messa a fuoco di richieste chiare e attuabili, da portare al tavolo delle trattativa con le istituzioni.

Valentina, parto da te: qual è stata l’urgenza alla base della nascita di SPIN?

C’era assoluto bisogno di un approccio nuovo, ovvero quello di cercare di dare una rappresentanza a tutto quel mondo dello spettacolo, ed in particolare della musica, medio-piccolo, che ad oggi non l’ha mai avuta. Non parliamo dei super big, che hanno Assomusica, ma parliamo comunque della fetta più grossa del settore.

La ragione di questa lacuna?

Silvano: Sono realtà difficilmente rappresentabili, perché i medio piccoli sono costituiti nelle più svariate forme, che vanno dal circolo all’associazione, ma in mezzo ci sono ottomila cavilli diversi. SPIN nasce per questo, per andare a “normare” questo sottobosco, per fare chiarezza ed avere una tutela estendibile a tutti.

Valentina: Con SPIN abbiamo deciso di adottare una strategia fatta cento per cento di concretezza, ovvero: raccogliere istanze formali e portarle nei luoghi giusti, alle persone giuste, senza pensare a buttar dentro chissà quali testimonial, perché siamo coinvolti in prima persona, siamo anche noi che stiamo pagando sulla nostra pelle questo momento pessimo. La concretezza, e lo abbiamo capito tanto più durante e dopo questo pesantissimo lockdown, deve essere tanto più preziosa in un ambito artistico, che, purtroppo, proprio per questa sua caratteristica d’essere poco tangibile, che certo non produciamo i cosiddetti beni primari, rischia sempre d’essere lasciato indietro. E di fatti, così è stato.

La prima cosa che chiedete?

Valentina: Regolamentare la legge sullo spettacolo, che in pratica non c’è. Bisogna parlare di contenuti, nelle normative, non solo di capienze, perché quello che faccio io nel mio spazio non è la stessa cosa che fa una discoteca.

Silvano: Esatto, infatti quando è uscito il decreto che proibiva la riapertura delle discoteche, ogni spazio votato al pubblico spettacolo è stato considerato alla stregua di un locale da ballo. Indipendentemente dalla programmazione. A livello normativo la distinzione tra queste realtà, e cioè uno spazio per concerti, una discoteca, un luogo dove avvengono performance di vario tipo, non esiste. Poi noi siamo una struttura, vera e propria, che pensa anche sul lungo periodo, quindi più di tutto ci sta a cuore il riconoscimento delle imprese culturali e e rappresentare chi ci lavora, noi compresi. Faccio un esempio molto esplicativo: in Italia non è riconosciuta la figura professionale dell’organizzatore di eventi, SPIN si muove anche per far sì che, come in gran parte del restante mondo emerso, anche in Italia questo lavoro (perché è un lavoro, che comporta possedere competenze ben precise) venga normato.

Mi pare di capire che ci fosse una vuoto normativo e di rappresentanza del settore praticamente atavico.

Silvano: Sì, infatti noi siamo partiti pre emergenza. Con l’emergenza, poi, abbiamo mollato un po’ la questione del “riconoscimento”, per spingere su istanze più urgenti, come accesso all’extra FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) e ai fondi perduti normati, ma questo perché se ci preme rappresentare una categoria, beh quella stessa categoria deve anche poter sopravvivere alla peggior crisi del secondo millennio.

Valentina: Io vorrei che tutti facessero uno sforzo per guardare allo scenario attuale pensando che se SPIN è l’associazione che si accolla lo sforzo di portare avanti le istanze ai tavoli delle trattava, al contempo Musica che gira e le proteste del tipo #iolavoroconlamusica fanno la loro parte, utilissima, nel catalizzare attenzione mediatica. Le cose si devono fare assieme: vanno benissimo gli hashtag e i volti noti che rimarcano l’importanza del settore, ma poi qualcuno che va a dire nel dettaglio a chi ha potere decisionale di che cosa abbiamo concretamente bisogno, ci deve essere. Ecco, se fossimo coesi a tal punto, saremmo una bomba atomica. Il problema è che qui ci sono delle umanità in precariato dai 20 ai 60 anni, e questo certo complica tantissimo le cose.

Qualche segnale positivo all’orizzonte c’è?

Valentina: Ma qualcosa magari sì, il problema è che si torna ai particolarismi: qui la questione è che manca una legge. Come fai ad aiutare qualcuno che a livello normativo non esiste? Qua ci vuole un giurista, la legge sul Pubblico Spettacolo è un decreto regio, dai: il Paese è cambiato da allora, noi siamo cambiati, non è più concepibile questa manchevolezza. Per questo, e scuserete se ci ripetiamo ma per noi è fondamentale, essere presenti in certi luoghi a dire che abbiamo bisogno prima di tutto di esistere è cruciale.

Silvano: Al netto degli slogan, SPIN serve per consigliare, instradare, portare avanti istanze che conosciamo molto bene, essendo noi per primi lavoratori del settore dello spettacolo dal vivo. Sì, siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire, ma deve essere chiaro che questa pandemia ha scoperchiato un modo di vivere ed andare avanti zoppo, ed ora pare evidente che più che darci delle stampelle per poterci trascinare avanti fino alla prossima crisi, occorre aggiustare la base. E più siamo compatti e numerosi in questa richiesta, più possibilità avremo di aggiustare il guasto più invalidante.