Ci ha emozionato e fatto divertire mentre dirigeva l’orchestra di Sanremo e suonava le percussioni durante l’esecuzione di Me Ne Frego, ci farà cantare e sognare sulle note delle più belle canzoni italiane insieme a Vasco e al resto della band durante il prossimo Vasco Non Stop Live Festival 2020 e potrete vederla live con il suo progetto solista in un mini-tour di 5 date, signor* e signor* Beatrice Antolini.

Nelle tue produzioni si sente che hai studiato musica classica e si percepisce una grande abilità nel mischiare generi. Ci parli delle tue influenze musicali e del processo creativo?
Sì esatto, anche in “L’AB” si ritrovano influenze classiche. Per me la musica classica resta quella più bella, mi piacciono molto le orchestrazioni, gli archi, quindi figurati… Alla fine anche il progressive, il rock e la maggior parte dei generi musicali attingono da una cultura classica che funge da filo conduttore. Ho iniziato prestissimo a studiare pianoforte ma il mio percorso non è fatto solo dalla musica classica, mi sono appassionata subito a tutti i generi musicali. Personalmente apprezzo molto anche la musica contemporanea d’avanguardia, quella diciamo più colta. In questo ambito ho avuto la fortuna e l’onore di collaborare con il compositore Ben Frost, queste collaborazioni ti arricchiscono tantissimo. Sono musicalmente molto aperta ecco, questo penso che si capisca, io seguo il mio percorso e i miei dischi sono la somma di tutte le mie esperienze e dei miei gusti, ma soprattutto di quello che mi è venuto da comporre in maniera spontanea e artigianale. Alcuni brani sono poi un’alchimia, una magia, arrivano da soli non c’è una spiegazione.

Quando hai capito che volevi fare la musicista nella vita?
Facile, quando da piccola ho comprato il vinile di Dangerous di Michael Jackson, lì si è aperto un mondo, il mondo del groove ahaha.

Quali aspettative avevi alla pubblicazione del tuo primo disco?
Le aspettative non c’erano. Proprio non esistevano nel senso che io stavo in camera mia, in un appartamento con altre studentesse mie amiche e stavo sempre lì sul computer ad arrangiare scrivere registrare ecc. Vivevo in una condizione precaria (sorride) di cavi e cablaggi vari sotto i piedi, tutto alla rinfusa insieme ai vestiti, finché avevo fatto talmente tanti brani che un bel giorno li feci sentire quasi casualmente ad una persona che mi fece i complimenti e mi convinse a proporli ad un’etichetta per pubblicarli. Quindi diciamo che è stato tutto molto spontaneo e casuale. Io non mi sono mai andata a cercare niente e ci tengo a dirlo perché invece vedo tante persone in ambito musicale che cercano tanto passando molto tempo a bussare a varie porte, invece secondo me le cose spesso semplicemente succedono. Poi non dico che sia sbagliato cercare di arrivare, proporsi e autopromuoversi, però a volte veramente ci sono delle magie che capitano, nel mio caso è stato così perlomeno. Io non conoscevo nessuno che potesse inserirmi nel circuito discografico, come non avevo conoscenze dirette per entrare nella band di Vasco. Le cose sono successe perché avevo un percorso, se uno ha un percorso allora piano piano si aprono le porte e accadono le cose.

Da “Big Saloon” a “L’AB” come ti sembra di essere evoluta come artista e come persona?
Interessante questa domanda perché io sono evoluta anche rispetto a come è evoluto il mondo intorno a me e lo descrivo tramite la musica i testi. Sono molto fiera dei testi di “L’AB” per esempio perché c’è una ricerca molto forte sui tempi che corrono, è un’analisi delle sensazioni che provo. Ogni disco è associato a quel periodo storico della mia vita, se voglio rivivere il mio passato non ho bisogno di vedere le foto, sento il disco e ricordo esattamente com’ero e cosa avevo intorno. È un processo interiore, il disco per me è anche una specie di studio spirituale su sé stessi e di sé stessi rispetto alla realtà che si ha intorno.

Riesci a far condividere uno spirito artistico indipendente che ti porta a suonare tutti gli strumenti dei tuoi dischi autoproducendoli con la capacità di inserirti in progetti altrui molto diversi tra loro, da Emis Killa a Vasco. Questa versatilità è una dote innata o è una cosa su cui hai dovuto lavorare?
Probabilmente entrambe le cose. Però ci tengo a dire che cerco sempre di portare del mio anche nei progetti altrui. Non mi sento mai una semplice esecutrice, mi emoziono e porto la mia personalità in quello che suono. Divento un membro della band a tutti gli effetti portando anche delle mie idee. Poi ci tengo ad essere una brava esecutrice ovviamente, anche perché a volte puoi dare libero sfogo alla tua creatività altre meno. Penso di riuscire a far condividere bene queste due facce ed è fondamentale per la mia carriera, in Italia infatti è difficile vivere di un progetto solista. Io l’ho fatto per anni con i miei alti e bassi alternando periodi molto belli a periodi molto brutti che mi hanno spinto a cercare collaborazioni anche nella scena indipendente di cui vado molto fiera, come quella con A Toys Orchestra, poi è arrivata la chiamata più importante della mia vita. Suonare con Vasco Rossi oltre a darti una luce e una visibilità pazzesche ti permette di suonare i brani più belli mai scritti in Italia perché è inutile girarci intorno, Vasco è Vasco.

A proposito di chiamate importanti ti abbiamo visto dirigere con tutta la tua energia l’orchestra di Sanremo durante l’esecuzione del brano di Achille Lauro, cosa ne pensi del tuo percorso artistico?
È un artista che sta sviluppando un percorso molto interessante secondo me. Mi sembra una persona intelligente e molto curiosa, in questo mi sento simile a lui se pur con un altro tipo di percorso. Quello che ha funzionato secondo me, anche nel nostro connubio, è stata la voglia di fare un qualcosa di rottura. Io cerco sempre con la mia musica di proporre qualcosa che con l’Italia non c’entra un cavolo e quindi di rottura, talmente avanguardistico che a volte non viene compreso. Quindi ci siamo ritrovati in questa voglia di rinnovamento, anche a livello comunicativo. I messaggi che Achille Lauro ha portato quest’anno a Sanremo sono stati secondo me i più belli in assoluto, messaggi di libertà e di cambiamento.

Ci racconti un aneddoto del tuo Sanremo che non scorderai mai?
Il cartello che ho fatto di auguri a Vasco. Non lo avevo detto a nessuno perché sai che in RAI non si possono portare e metter in onda cartelli, quindi ho rischiato parecchio (ride divertita). Però me lo sentivo nel cuore, ci tenevo, lo volevo fare e quindi l’ho fatto. Tutte le volte che rivedo quella scena mi viene da ridere ma sono felice di aver rischiato, è stata una cosa un po’ punk.

Questa sera 15 febbraio prenderà il via dal circolo Ohibò un breve tour, cosa dobbiamo aspettarci da questi 5 live?
Suonerò tutto “L’AB” e qualche chicca del passato dagli altri dischi. Ho preferito dividere il concerto in due parti. Nella prima eseguiremo tutto l’ultimo disco perché è un concept quindi è giusto suonarlo tutto senza interruzioni e poi proporrò i brani del passato che hanno caratterizzato maggiormente il mio percorso. Spero che il pubblico trovi il modo di prestare attenzione anche ai testi perché in tutto “L’AB” cerco di dire cose importanti.

 

ph. credit @ Luca D’Amelio