La quindicesima edizione di X-Factor, finalmente, ha indossato una veste più fluida e inclusiva, con l’abolizione delle categorie: il roster di artisti è stato uno dei più variegati e contemporanei, perfettamente in linea con la scena musicale del momento. Tra i concorrenti, a partire già dalle audizioni, sul palco si è distinto gIANMARIA, un ragazzo di 18 anni, dal look total white, e dal volto sfuggente. L’ingenuità con cui si è presentato davanti ai giudici si è scontrata con il messaggio crudo e reale trasmesso dal suo inedito – I Suicidi.

Anna, quant’è bella, gli occhi tristi e molta pazienza / Vive nell’ombra di sua madre a cui cura da un anno la sopravvivenza / Marco invece parla tanto / Pietro non scopa da un sacco / E la gente pensa sia matto, la gente pensa sia matto.

Una performance catartica, che ha fatto da magnete e manifesto alla sua intera identità artistica; in cui contaminazione tra cantautorato e rap si fondono a creare un concept inaspettato, e lontano da ogni tipo di classificazione. Il risultato è un totale straniamento generazionale, insolito rispetto al panorama musicale emergente, in cui il rischio di omologazione è alto.

A distanza di un mese dalla finale di X-Factor, in cui si è classificato al secondo posto, gIANMARIA inaugura la sua carriera musicale, lontano dalle telecamere, con il suo primo EP – Fallirò; uscito per Epic Records/Sony Music, prodotto da Bias (ormai protagonista della scena vicentina – Madame), Movimento, Eimgei, Gianmarco Manilardi.

L’artista compie un’inversione di tendenza nella scelta di presentare un EP privo di featuring, focalizzandosi esclusivamente sulla palese esigenza artistica di voler raccontare sé stesso attraverso le storie degli altri. Le sette tracce si susseguono, una dopo l’altra, a formare un vero e proprio romanzo di formazione: gIANMARIA, attraverso flussi di coscienza emotivi e sfrontati, comunica il suo modo di assimilare ciò che lo circonda, con una continua ricerca e fame di verità.

È la trasparenza e schiettezza con cui si racconta, e ci racconta, ad averci colpito: la sua scrittura, vox populis, è emblematica e coerente con il suo modo di approcciarsi alla quotidianità, soprattutto nei suoi aspetti più nascosti e difficili da affrontare. Dopo aver ascoltato Fallirò, noi di Futura 1993 siamo state curiose di conoscere in modo diretto il suo modo di raccontarsi.


Dopo un’esperienza come quella di X-Factor le aspettative sugli artisti sono sempre molto alte. Con il tuo EP hai esorcizzato la paura del fallimento. È stato il tuo modo per trovare un equilibrio tra le alte aspettative e la paura di fallire? In che modo hai elaborato questo concetto?

In realtà credo di avere esorcizzato proprio il fallimento, non la paura di ciò. È stato un modo per dire una cosa importante che avevo sentito dire troppo poco. Questo concetto l’ho elaborato tempo fa, e ora l’ho spolverato un po’. Pensavo questo poi per caso l’ho scritto e l’ho visto, per me, come un manifesto.

Hai detto di essere una spugna perché hai la capacità di assorbire quante più cose possibili: osservi le storie degli altri e le racconti a modo tuo, concretizzandole in storie di collettività in cui ognuno di noi può vedere una propria fotografia. Il brano che racconta la storia gIANMARIA qual è?

Nei miei brani di base c’è sempre un po’ di storico mio. Mi interessa molto trovare le similitudini della mia storia con quelle che osservo, però mi accorgo anche di avere una storia comune a tanti, nulla di nuovo, Per questo mi piace giocare con le altre.

Il tuo EP si apre con I Suicidi, brano con il quale ti sei presentato alle audizioni di X-Factor. All’alba della notizia di esclusione del bonus psicologo dalla Legge di Bilancio, questo brano diventa ancor più necessario, soprattutto oggi. Qual è la tua opinione su questo tema?

Forse la salute mentale è roba da ricchi cito il grande Marra, vabbè, così.
Comunque non lo so, mi rende abbastanza triste pensare che la gran parte dei giovani abbiano problemi di testa e non ci siano soluzioni o miglioramenti. Ascoltare la musica mi ha salvato, più che farla. Quindi se un mio brano può aiutare le persone vuol dire che sto facendo una cosa bene.

La tua scrittura è un flusso di coscienza pungente e trasparente che racconta storie d’umanità. In Rapporti&Piante parli del modo in cui bisogna prendersi cura dell’altro, mostrandoci la tua visione dei rapporti. Il brano arriva in un momento in cui una delle nostre paure più grandi è stata quella capire in che modo, nonostante le distanze, potessimo mantenere i rapporti con le persone, e nel tragitto molte ci hanno abbandonato. Quando un rapporto va a male, come possiamo non colpevolizzarci?

Facendolo e basta, diciamo che è una cosa normale il fatto che un rapporto possa andare male. Seguendo il concept del disco, dovrei dire che se due persone non sono fatte per stare assieme sia giusto che non lo facciano. Ma in un momento di debolezza l’ho pensata diversamente, all’opposto.

In Senza saliva sei circondato da /troppo rumore/, che tipo di rumore è quello di cui parli e perché vuoi nasconderti?

Del rumore della musica, pensavo. Eravamo ad una festa, io stavo finalmente incominciando a dire delle cose importanti.

Nella nostra società il rischio di idealizzazione è così grande che rischiamo di fuggire le occasioni relazionali umane, per paura di restare delusi. In POETA – fuori il videoclip realizzato da borotalco.tv – ne parli, dandone una lettura tua personale. Quale pensi sia la causa di questi meccanismi? Le distanze amplificano il pericolo di idealizzazione?

La distanza è la causa principale di idealizzazione, che ti dico, non è nemmeno così negativa. Ci vuole un po’ di fantasia, un po’ di immaginazione, un po’ di cose in cui credere che non siano prettamente reali. L’arte fa esattamente questo, l’arte è la forma più alta di idealizzazione, è per romantici. La causa di questo è sicuramente la paura di perdere, la paura di non essere amati più come prima.

La tua musica ha più influenze di cantautorato che di rap. Al di là dei colossi della musica italiana, c’è un autore contemporaneo che è riuscito a influenzare la tua identità artistica?

Irbis37 è un artista eccezionale, con lui ho scritto la title track del disco “Fallirò” e mi ha sicuramente ispirato con la sua musica. E molti altri, ma ammetto che riesco a trovarmi molto di più con gli ascolti del passato.

Cosa è cambiato tra GiammXoxo – ovvero il tuo progetto passato – e gIANMARIA?

È cambiato che non sono più un sad boy, un ragazzino al quale tutti i problemi sembrano insormontabili, ora vedo Giammxoxo con tenerezza, gratitudine e penso ai prossimi passi per diventare un uomo.

L’elemento urbano, palazzi alti e cortili ritornano spesso nei brani del tuo EP. Ritrovi la tua dimensione e un’ispirazione artistica in questi contesti?

Adoro i posti, i boschi, le stazioni, le strade, i fiumi e sì hai detto bene, lì trovo molto della mia ispirazione artistica. I luoghi, i non luoghi e le persone che li abitano o ci passano.

È stato appurato che non riesci a stare fermo sul palco. Quando al terzo live di X-Factor hai interpretato Io sto bene dei CCCP, ti è stata fissata una videocamera perché fuggivi alle telecamere. Adesso inizierà FALLIRÒ, il tuo primo tour, lontano dalle telecamere ma davanti ad un giudice più grande: il tuo pubblico. Come ti senti e cosa ti aspetti?

Non mi aspetto nulla se non di emozionare ed emozionarmi, di far ridere e piangere. Non riesco a stare fermo perché ho troppa energia e troppo da esprimere, sono convinto che questo al mio pubblico arriverà e sarà uno scambio prezioso.

Articolo di Chiara Grauso e Carla Leto

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