Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Kimerica, Coro per la fine del mondo

Due paia di occhi, ma perché no, anche tre; quando si tratta di Kimerica l’immaginario alieno a cui si ispira (non solo per lo style, quanto specialmente per la sua musica) non smette mai di stupirci. Sei occhi e un sintetizzatore, luci stroboscopiche e abiti fluo sono il mix perfetto per dare vita a “Coro per la fine del mondo” (sembra proprio un vero boicottaggio extraterrestre, non è vero?). Atmosfere crepuscolari ma innovative ci fanno affermare con fermezza che la musica di Kimerica proviene proprio da un altro pianeta.

Galea, Femminuccia

Direi che Galea si merita proprio di essere qui, in questo spazio dedicato allo style e alla musica, perché a giudicare dalla copertina e dal singolo “Femminuccia”, ogni elemento, dalla tematica dello stereotipo al costume da principessa per carnevale, sono tutti punti giocati a favore. Non è dunque la scelta d’abito che mi ha colpito, quanto l’uso che questo se ne fa socialmente e culturalmente. Che cosa vuol dire nel 2021 “non fare la femminuccia”? Le connotazioni di genere dovrebbero essere, in un mondo che sembra andare così veloce, piuttosto âgé; Galea lo spiega bene a chi ancora finge di non aver capito.

Marsali, La versione migliore di noi

La vediamo (letteralmente) incorniciata tra le piume arboree, immersa nella natura ecco che vediamo la venuta al mondo di Marsali, insieme alla sua “La versione migliore di noi”. È alla ricerca delle sue radici, e così, attraverso un fogliame verdeggiante e un cielo azzurro che scompare sopra la sua testa, Marsali ci fa immergere nella sua di natura, quella più vera, quella che cercato fino a questo momento perché nascosta dai condizionamenti sociali. E se potessimo immaginarcela come un albero, non possiamo che dire che “La versione migliore di noi” è indubbiamente il suo frutto.

Marat, E quindi voglio cadere

Mood anni Settanta, circondata da piante e da luci al tramonto. Stiamo parlando di Marat e della sua “E quindi voglio cadere”: una canzone di odio e quindi anche d’amore. Ci lasciamo cullare dalla sua voce così esperta e dalle note così leggere e avvolgenti che ci fanno scuotere la testa da una spalla all’altra, e così, ciondoloni, anche noi cadiamo, ci tuffiamo in questo mare nero pece dell’artista romana che con il suo stile ci riporta ad una dimensione del passato, quel passato che spesso fingiamo di dimenticare.

Moniè, That’s my soul

“That’s my soul” rivela, come suggerisce il titolo stesso dell’EP, l’anima di Moniè, giovane artista che però ha ben chiara l’idea di style e ovviamente anche di beat. La sua evoluzione stilistica in fatto di moda rappresenta a pieno quelle che sono anche le sue scelte musicali: trap, urban, rap con uno sguardo però al mondo musicale italiano. Gli States sembrano aver influenzato molto, in quanto al gusto, Moniè, eppure, il suo animo impavido ci mostra tutta la sua originalità!

Sick Luke, chiello, Madame, La strega del frutteto

Tripudio di stile e di suoni anni Ottanta nell’ultima di Sick Luke, che lo vediamo stavolta affiancato dalle voci di chiello e Madame. Ascoltare “La strega del frutteto” mi riporta a quelle ambientazioni degli anime giapponesi a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. La strega in questione, sarà pure quella della tradizione dei racconti Grimm, eppure me la immagino con un vestito ricoperto di glitter, neri, ma pur sempre scintillanti, capelli cotonati e rossetto strabordante; una strega sì, ma pur sempre uscita dagli anni della disco.