Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

HÅN, Lontano

Stile Y2K, total black, voce dolce e tanta voglia di “imparare a sparire come i grandi”. Questa è “Lontano”, la nuova uscita di HÅN (foto di copertina) che vede alla produzione okgiorgio. Un immaginario trasognante si mescola alla concretezza narrativa dell’artista, portandoci in un mondo che sia “lontano, lontano, lontano da te”.

PLASTIC PALMS, Flip Haus

Un viaggio senza freni attraverso le radici della musica alternativa americana, quello dei PLASTIC PALMS. Con Clarissa Ghelli alla guida, il quartetto sfoggia un mix esplosivo di lo-fi, slacker e psichedelia, catturando l’essenza della vita quotidiana in brani come “Sunday Sauce” e “Clever”. Registrato in presa diretta, l’EP sprigiona un’energia autentica e sconfinata.

I Hate My Village, Nevermind The Tempo

Un universo sonoro visionario e allucinato, dove la grammatica musicale viene deliberatamente ignorata, stiamo parlando di “Nevermind The Tempo”, il nuovo album della superband I Hate My Village. Le dieci tracce del disco, che spaziano dalla psichedelia all’afrobeat, sono un elogio dell’imperfezione, una risposta creativa e selvaggia alla ricerca ossessiva di perfezione del nostro tempo.

Alfonso Cheng, Finferland

Alfonso Cheng, “bedroom music maker” come si autodefinisce: un vero e proprio crogiolo postmoderno che mescola citazioni musicali e culturali degli anni ’90 con un tocco originale. Il suo nuovo disco “Finferland” esplora un mondo di ricordi deformati e distorti attraverso una giungla noise di chitarre, synthwave, lo-fi ed elementi di elettronica e post-punk.

Le canzoni giuste, Deficienza Artificiale

Grafiche cartoon, colori sgargianti, tanto pop, rock e rap e tanta, ma proprio tanta, “Deficienza Artificiale”. Per LE CANZONI GIUSTE non ci ritroviamo di fronte ad un insulto, ovviamente, ma davanti al titolo del loro nuovo disco, eclettico e audace come pochi che si sentono al giorno d’oggi.

ELASI, TIGRE BIANCA

Indossa argentei occhiali da luna, trasformandosi in Circe, leonesse e sirene: questa è la “TIGRE BIANCA” di ELASI. Una canzone pop che trasuda discoteca, dancefloor e voglia di ballare. L’artista ha anticipato i tempi, trasportandoci nelle lunghe serate spensierate estive, in cui si danza fino a perdere il fiato.