Pornopunk è il titolo del nuovo album della Babbutzi Orkestar, fuori a ottobre 2021 e anticipato dai singoli Pornoamore e Il ballo di Cha Cha. Di porno ha una libido musicale trascinante; di punk, inteso come eterno apice di libertà, sicuramente ha il cuore. Il titolo vuole provocare una reazione: necessaria oggi più di ieri. È l’estremo tentativo di evadere dagli schemi. Costruire un disco libero di contaminarsi di idee, suoni e generi musicali che normalmente si guarderebbero con sospetto. Nuotare tra il punk e il surf. Affogare dentro una ballad blues. Farsi shakerare da ritmi balcanici, per poi caracollare in un reggaeton dedicato a Cinisello Balsamo. Ancora, pop, rock e un pizzico di trap (Sinatra). Infine tuffarsi insieme ai Cacao Mental in una (cata)cumbia libera di suonare alla Babbutzi maniera. Un disco che la sa lunga su amore, tormenti, sesso, libertà, festa e balli. Ma anche sulla bellezza nella diversità. Essere diverso. Essere punk. Estremamente punk. Pornopunk.

Siamo andati con Gabriele, leader della Babbutzi Orkestar, a prenderci un caffè a Nolo, e non mancava la chitarra.

Qual è la cosa che ti mancava quando eravamo in quarantena?

In quel periodo sicuramente ci mancavano i live. Oggi gli stancanti ed infiniti kilometri che eravamo abituati a percorrere per spostarci da un palco all’altro sembrano un sogno. E pensare quanto venivano detestate le ore in furgone. Durante la quarantena sono mancati parecchio quei momenti. Le chiacchiere, gli ascolti, le litigate. Nonostante abbiamo sempre vissuto male le lunghe distanze, oggi mancano.

E qual è invece la cosa che più di manca della quarantena?

Della quarantena non manca nulla. Di quel terribile periodo ricordiamo il suono delle sirene delle ambulanze. Il solo ancora ci
procura ancora dei brividi lungo la schiena. Per quanto riguarda il tempo libero, a dire la verità ancora oggi ne abbiamo (purtroppo) parecchio, in quanto i concerti non sono ancora ripresi come vorremmo.

Forse questo disco è anche un modo per ricominciare?

Questo disco è un modo per dire che ci siamo. Che siamo carichi e pronti. Ma è anche il nostro modo per dare un segnale e per potere esprimere la nostra idea musicale.

Come nasce un brano della Babbutzi Orkestar?

Nasce dalla cosidetta “cameretta”. Negli anni abbiamo sviluppato un nostro metodo di lavoro, che è una sorta di catena di montaggio. In genere l’idea, il brano nasce appunto dalla cameretta di Gabriele. Una volta che ha scritto un po’ di brani li condivide con Luca e Judo che fanno una cernita, e su quelli scelti iniziano a lavorare agli arrangiamenti. Ultima fase è quella in studio. La banda si ritrova e si inizia a fare girare i brani tra le mani prima di pre-produrli ed infine registrarli. Non è proprio un processo rapido.

Come sono andate le prime esperienze live?

Sono andate bene. Il pubblico partecipa ed abbiamo sicuramente raccolto molte energie positive. Speriamo di averne trasferite
altrettante. Lato nostro, stare sul palco è quello che sappiamo fare meglio. E’ il momento in cui possiamo esprimere il nostro meglio e condividere le nostre emozioni.

Avete mai infranto il coprifuoco?

Possiamo rispondere solo in presenza del nostro avvocato.

foto credits @ Simone Pezzolati