Da qualche mese, si aggira per l’Italia un fenomeno musicale che attira sempre più persone, giovani, giovanissimi, ma anche (ed è questa la cosa, per me, più sorprendente ai limiti dell’incomprensibile) meno giovani. Ne ho avuto la conferma quando, per una serie di eventi in parte fortuiti, in parte attivamente orchestrati, mi sono ritrovato al loro concerto al Mi Ami del 2022 – dove ho assistito a un pogo che nemmeno fossero gli Iron Maiden – e poi, non pago, a Padova a Gennaio 2023, dove la situazione pogo era identica, se non più violenta, ma la platea era raddoppiata.

Sto parlando di Theø, Fiks e Plant, in arte LA SAD. Tre ragazzi dal look inconfondibile, con i capelli coloratissimi sparati in enormi creste, i pantaloni strappati, giacche di pelle piene di spille, e un sound a metà tra l’emo-trap e il pop-punk, dei Finley ma vietati ai minori di 18 anni, dei Blink 182 che parlano principalmente di droghe, psicofarmaci, depressione. Tre ragazzi che non si fanno nessuna remora a urlare la frustrazione della vita, in un modo che può apparire quasi ridicolo da quanto è sguaiato ed estremo, che tuttavia, quando uno li sente parlare o ascolta le loro storie, risulta quasi credibile.

Il vero problema de LA SAD, e il motivo per cui oggi posso scrivere una loro guida all’ascolto, è il fatto che i loro pezzi, un po’ per le produzioni identiche, un po’ per il sound che ricorda l’inizio degli anni ‘2000, un po’ perché quando hai venticinque anni ti fanno quasi tenerezza, creano dipendenza. Quando inizi ad ascoltarli, ti ritrovi in un vortice da cui è veramente difficile uscire, e a ogni pezzo nuovo sgrani gli occhi come Platone quando è uscito dalla caverna, meravigliandotene.

ATTO I: In principio fu il verbo, ovvero STO NELLA SAD!

La prima caratteristica de LA SAD è il linguaggio. Di fatto, lo slang nei loro pezzi è abbastanza scarno, le parole sono poche e tendono a ripetersi. Tuttavia, è importante coglierne il senso, perché tutti i testi ruotano intorno a questi pochi concetti chiave. Primo su tutti, il concetto di STO NELLA SAD (che è anche il titolo del loro album, della loro canzone più famosa, nonché opening track di tutti i live): stare nella SAD ha un significato duplice. Da un lato, la condizione di esistenziale tristezza e depressione che è la base ontologica di tutti i loro pezzi; dall’altro, il timido sollievo offerto dall’essere parte di una collettività, appunto, la SAD. Particolarità del concetto di SAD è il suo essere enclitico, come quelle parole in greco antico che prendono l’accento del vocabolo precedente a cui si attaccano, e perciò la SAD diventa la SUMMERSAD nella loro trilogia sulla depressione estiva, e tutti noi che poghiamo come dei matti ai loro concerti siamo l’esercito dei BIMBI SAD.

Altro termine fondamentale per capire la SAD è il “Daghe” di reminiscenza veneta (Fiks proviene dalla provincia di Venezia) urlato in quasi tutte le canzoni, che funge da esortazione a combattere le frustrazioni tramite la musica, gli psicofarmaci, la droga, e tutte le altre cose di cui canta la SAD. Si sprecano, poi, i riferimenti agli “psico” – uno non riuscirebbe a contare le volte che nei pezzi sono ripetute le parole “benzo”, “xan” – e il concetto di “body bag”, la bara entro cui dicono finiranno, ma rimarranno sempre La SAD Italiana, anche quando dentro suddetta bara saranno in tre. Ricordo di aver chiesto ad un’amica, insegnante in un istituto di metalmeccanici, se i suoi alunni, gen Z che più gen Z non si può, parlassero in questo modo. Mi ha risposto con un secco no. Rafforzando, quindi, il mio pensiero (che aveva già trovato corroborazioni ai concerti): che il target perfetto della SAD, per qualche strano motivo, non sono i Gen Z, ma siamo noi, tra i 20 e i 30 anni, cresciuti con i Finley, i Lost e i Blink 182, esistenzialmente insoddisfatti e alla ricerca di qualche innocente catarsi.

ATTO II: Da WALE RMX a SUMMERSAD 3

Il repertorio integrale della SAD, ovvero un album in versione deluxe con 18 brani, un singolo originario e una cover, è abbastanza semplice da descrivere, e l’abbiamo già fatto più volte. Ci sono però due cose su cui è necessario soffermarsi in questa guida, e che sono un po’ dei manifesti programmatici. Primo, WALE RMX, che altro non è che una cover di WALE in duetto coi dARI (e che conferma quanto affermato prima in materia di target del gruppo). Riprendendo l’iconico brano, LA SAD cambia il testo, e così diventa finisco a vomitare / nel cesso di un locale / solo per dimenticare / tutte le notti che ho già perso / perché per te era soltanto sesso – insomma, quella Wale che rifiutava i dARI e che veniva dipinta ironicamente come una stronza, ora diventa la causa di un incolmabile dolore dell’esistenza che porta all’abuso di sostanze e farmaci, sguaiato ed esagerato in pieno stile SAD.

Secondo, la trilogia SUMMERSAD, SUMMERSAD 2, SUMMERSAD 3 – tre pezzi sulla tristezza dell’estate, usciti ciascuno durante un’estate diversa, che in concerto vengono cantati uno dietro l’altro mentre il pubblico in delirio si lancia in urla disperate. Ecco: i pezzi della SAD, per quanto mi riguarda, vanno ascoltati tutti, perché nascondono piccole gemme che devono essere trovate e di cui è giusto godere. Però, ascoltando WALE e la trilogia SUMMERSAD, credo che uno riesca a farsi un’idea sufficiente per poter sostenere una conversazione sulla SAD al bar con gli amici – e quando fenomeni come questo iniziano a diventare popolari, si sa che c’è la corsa all’opinione da bar.

ATTO III: La scalata di TOXIC, ovvero forse stiamo nella SAD più di quanto pensiamo

No, Britney Spears non c’entra: TOXIC è un singolo della SAD, incluso nell’edizione deluxe del loro disco d’esordio, che racconta di una relazione toxic dal punto di vista di una ragazza, protagonista della storia narrata dai nostri tre eroi in terza persona. TOXIC è il singolo traino della riedizione dell’album che si arricchisce da ieri di un videoclip ufficiale realizzato da Borotalco.tv. Quello che però certo non mi aspettavo di TOXIC, era vederla stabile nella prima metà della Top 50 Italia di Spotify. La SAD, sulle piattaforme di streaming, non appare come band, ma appaiono i tre componenti singolarmente, ciascuno dei quali, nella discografia, possiede l’album STO NELLA SAD DELUXE. Questo, pertanto, rende difficile avere un’idea degli ascoltatori mensili del disco, e al tempo spesso ne disperde un po’ il computo. Pertanto, quando ho visto che TOXIC stava in classifica, ed era in posizione ascendente, resistente anche all’invasione dei 28 brani di Sanremo, non ho potuto che pensare che, probabilmente, stiamo tutti nella SAD più di quanto pensiamo. In tutta sincerità, non so se l’ascolto di TOXIC sia mosso da un sincero rivedersi nella canzone, da un effetto nostalgia per il pop-punk di quindici anni fa, o sia il frutto della dipendenza che creano questi pezzi, di cui abbiamo parlato prima: quello che mi sento di affermare è che, la prossima volta che capiterò a un concerto della SAD, saremo ancora più rispetto all’ultima volta. Non so quali velleità possa avere un progetto del genere, volendo essere cinico potrei dire nessuna, ma non lo voglio essere e quindi lascerò il prosieguo in sospeso: l’esortazione, però, è quella di goderne più che possiamo fintantoché dura.