Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Flame Parade, Cannibal Dreams

Come in un film di David Lynch, dove il mondo reale si mescola a quello onirico, dove i colori vividi diventano distorti, accesi eppure allo stesso tempo poco nitidi. Così sono le dieci tracce che compongono il nuovo disco dei Flame Parade: un album dai contorni liquidi e dilatati che riprendono sonorità shoegaze e dream pop e che superano i confini nazionali distinguendosi con particolare carisma.

Zagara, Libidine

“Un racconto metaforico in cui due amanti si ritrovano nella stessa stanza con l’impossibilità di avvicinarsi, trovarsi, sentirsi”. Labbra che sanno di sale, il segno dell’abbronzatura, il sole che scotta e addosso solo vestiti dai colori tenui e semitrasparenti. Sta arrivando la stagione più calda e anche quella in cui viene fuori la libidine, come quella cantata con leggerezza e sapiente informalità da Zagara nel suo nuovo singolo.

Buonforte, Sogni da vendere

Colori tenui come quelli calmi del tramonto, una sagoma in controluce in cui si riesce a intravedere il vero protagonista, ovvero l’artista e la sua chitarra. Un’immagine che è anche un emblema, una crasi tra il lirismo e il pop cantautorale che non cerca di essere mainstream, ma eleva in maniera più che naturale l’unione fra musica e parole a una vera e proprio canzone d’autore.

Da Blonde, Sabato Sera

Capelli verdi, un immaginario tra il gotico e il lo-fi. “Sabato Sera” e la voglia di sentirsi liberi e leggeri come solo un tempo si poteva: questo il nuovo singolo dell’artista Da Blonde. Un brano che mescola elementi da una hit da dance anni Ottanta a chitarre che evocano tutto il lirismo e la necessità di mettersi a nudo della cantautrice partenopea.

 

 

Maura, Tu fai di me

Vestita da arciera, da fata del bosco o ancora da guerriera, Maura stavolta ci porta in un’altra narrazione in cui si raccontano in maniera minuziosa e dettagliata tutte le caratteristiche di una storia che continua dopo anni a fare male. “tu fai di me un nuovo culto in cui non crederai”, dice l’artista, un modo questo per dire che nel bene o nel male, l’importante è che si resti impressi nella memoria di qualcuno.

dellarabbia, Lunganotte

Mood oscuri si mescolano ad ambientazioni infuocate o abbandonate. In una “waste land” contemporanea i dellarabbia, al fianco di molti nomi famosi nell’ambito rock (Divi, Meganoidi, Vanilla Sky e Andrea Rock per nominarne alcuni), raccontano storie di notti lunghissime che sono invece passate troppo in fretta. Influenze dall’alternative rock italiano e internazionale e testi che scavano a fondo nell’introspezione, questi sono i due elementi cardine del nuovo lavoro dei dellarabbia.

Nebbia, Venus in Disgrace, Texas Ravioli (REMIX)

Luci al neon, atmosfere anni Ottanta e un close up su un ristornate di sushi all you can eat. No, non è un quadro postmoderno, ma il mood e l’ambientazione del remix di “Texas Ravioli”, il singolo d’esordio di Nebbia. Sintetizzatori, tante basi elettroniche e molta voglia di ballare: la somma di tutto questo altro non è che quella che è stata definita la “new wave padana” di Nebbia.